"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero Numero 4, aprile 2003


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Per Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart:

 


 

 

33. Alberto Arbasino

 

 


 

 

“Il terzetto Don Giovanni, Zerlina, Masetto (un aristocratico e due contadini, promessi sposi) corrisponde perfettamente a quello di Don Rodrigo, Lucia, Renzo. Ma come il paesaggio è cambiato! La conquista di Zerlina, promessa sposa, viene organizzata in una festa da ballo, tra minuetti, valzer e contraddanze, tra vini donne e champagne, in una dionisiaca esaltazione dei sensi. Il rapimento di Lucia è la trama di un oscuro è un “tristo piano” cui partecipano tanti personaggi, quasi si trattasse di rapire un grande di Spagna. La sala illuminata per una gran festa è divenuta un monastero, come  nei romanzi neri.” (G. MACCHIA, Tra Don Giovanni e Don Rodrigo, Adelphi).

 

Come si vede, Giovanni Macchia scriveva sempre da gran signore.Ma Arbasino, scrivendo in fondo le stesse cose un decennio prima, fa più ridere: 

 

“Come fa Don Rodrigo (e con lui il suo Autore) a non accorgersi che i casi sono inevitabilmente due? O si fa Sade, potendo. Benissimo! E allora: rapimento, prigione, catene, tormenti, fruste, clisteri, violenze oltraggiose e orribili, sorde a ogni pietà. Oppure: marineria! Rose, visoni, champagne, marrons glacés. Invece, stupidamente, minacciare il parroco? Show inutile e falso bersaglio! E, infatti, i risultati, si vedono.

“Così non si capisce bene, fra l’altro, che cosa interessasse veramente a Don Rodrigo. Anche qui, parrebbe, delle due l’una. O anelava a “violare l’intimità di una coppia”, cioè inserirsi in una tensione sessuale in atto, come sovente càpita a coloro che in amore prediligono non il duetto ma il trittico (…). Oppure, probabilmente, dato il suo comportamento costantemente contorto, Don Rodrigo era uno dei masochisti più sventurati.”

 

E anche:

 

“Che differenza non solo di chic, fra i due Don, ma di accortezza! Don Rodrigo cerca di trattenere Lucia con chiacchiere non punto belle, e viene punito in questa sua rustica grossolanità: povero untorello, non ottiene nulla di nulla. Don Giovanni invece: “Là ci darem la mano, là mi dirai di sì…” e senza l’importuno arrivo di Donna Elvira otterrebbe sicuramente tutto, grazie alle astute maniere non disgiunte dalla signorilità del tratto. Infatti Zerlina ci sta e ci spera (“Vorrei e non vorrei, mi trema un poco il cor, felice è ver sarei, ma può burlarmi ancor”); e la didascalia del Da Ponte precisa: “si incamminano abbracciati verso il casino”. E subito, macché pasto trucibaldo in “covili da fiere” tra “omacci tarchiati e arcigni”, e “donne con certe facce maschie, e con certe braccia nerborute” (figurarsi la povera Lucia, in quell’antro di lesbismo alpinistico da maso chiuso! altro che la nottataccia con la povera strega dell’Innominato!) Invece chez Don Giovanni, appunto lo champagne, nella celebre aria omonima: “Finché han del vino – calda la testa – un gran festa – fa preparar!” E giù orchestre, danze, “signore maschere”, galanteria…” (A. ARBASINO, Certi romanzi). 

 

 

 torna a  

 

torna su