Lettere
di seduzione di Franz Kafka a Felice Bauer, Grete Bloch, Milena
Jesenskà (quelle a Dora Dymant, forse diverse, sono andate perdute,
sequestrate dalla Gestapo): come per don Giovanni, “che sia bella
che sia brutta” può non essere importante. Il banale discrìmine
della bellezza, in un amore da coltivare ferocemente a distanza e
mantenere viziosamente virtuale, non conta. Come per il libertino il
corpo d’una donna, gli occhi di Felice sulle parole di Kafka possono
essere soprattutto una buona palestra in cui esercitarsi ad essere se
stessi.
Le
dedica il suo primo racconto “vero”, “Il
Verdetto”, senza alcuna pretesa che
Felice comprenda: la cosa varrà certamente anche per tutti gli altri
e dunque anche per noi: “Il
Verdetto non si spiega. Forse ti
mostrerò a questo proposito qualche passaggio del mio diario. La
storia è piena di astrazioni che non sono identificate” (10 giugno
1913).
Su
Kafka che scrive alle donne, Blanchot:
“Dopo
aver letto d’un fiato le lettere, bisognerebbe chiedersi se esse ci
fanno capire qualcosa di nuovo, sal vo il divenire sempre nascosto di
quello che si dice con intenzione di evidenza. Dapprima ciò che ci
viene confermato, ogni volta che Kafka entra in rapporto con il mondo
femminile. È una specie di grazia, di leggerezza, una tentazione
seducente e seduttrice. Le sue prime lettere sono dettate da un
desiderio di fascino che affascina” (M. Blanchot, Da
Kafka a Kafka).
Molto
interessante anche “L’equivoco
epistolare” di
Vincent Kaufmann.