17
novembre 1912.
E’
domenica e Kafka è a letto, chiuso nella sua stanza. La notte aveva
scritto qualche pagina del Disperso, ma senza soddisfazione.
Aveva sognato che un postino magico gli consegnava ben due lettere di
Felice. Rimase allora a letto ad aspettare – i postini lavoravano
anche di domenica! – un postino meno onirico con lettere più
palpabili. Lo aspettò vanamente per due ore: con una strana angoscia
crescente. Nella Mitteleuropea le poste erano celeri: una lettera
spedita da Felice la sera da Berlino, era a casa di Kafka al mattino
verso le dieci.
L’idea
dell’uomo-insetto nasce lì, in quell’attesa dolorosa. La sera
stessa si mise a scriverlo. Come Conrad, che quando fu preso
dall’idea del Compagno segreto sospese l’annosa scrittura
di Sotto gli occhi dell’occidente, Kafka lasciò il Disperso:
all’inizio, immaginava di essere sul punto di inoltrarsi in qualcosa
che avrebbe inselvatichito al massimo un paio di pagine e una sola
notte.
Come
Conrad la sua storia sul misterioso clandestino, Kafka terminò La
Metamorfosi, “storia di porte che si aprono e che si chiudono”
(R. Calasso, K), in venti giorni: il 7 dicembre.