Il
commerciante Block, che non cerca di capire ma vuole solo vivere,
tenta di conoscere il verdetto che lo riguarda con il solo fine di
apprendere se potrà continuare a vivere o no: la sua incoscienza (Unwissenheit)
è maggiore della sua coscienza (Wissenheit) e questo lo
salva.
Block
non intrattiene alcun confronto dialettico con l'avvocato, ma ne è
succube ed è, a suo avviso, questa remissività di fronte
all'avvocato, uno dei sacerdoti della legge, che lo rende meno
colpevole, docile sotto la mano del potere. Il suo arrendersi di
fronte al potere della legge, e dell'avvocato che la rappresenta, è
una forma di espiazione. L'accusa diventa allora una sorta di prova
e il tentativo di andare a fondo alle ragioni dell’accusa, così
come fa K., la volontà di comprendere, è la prova, evidente
e definitiva, della colpa che, se in un primo tempo non poteva
essere esplicitamente formalizzata, diventa, in seguito, così
evidente da non richiedere più alcuna spiegazione.
Chi
tenta di capire è già colpevole ed è forse per questo che Il
Processo è incompleto: il senso della narrazione emerge proprio
dal suo svolgimento e l'incompletezza del libro fa tutt'uno con
l'incompletezza dell'accusa. Non è il tribunale a formalizzare
l'accusa di Josef K. ma lui stesso, sono le sue parole-azioni che lo
condanneranno. Ciò che è sacrilego per il grande orologio del
potere è che qualcuno tenti di capirne il meccanismo. In questo
Josef K. è molto simile al protagonista di 1984 o,
rispettando la cronologia, viceversa.