Si
                sa che si deve morire, e dunque perché pensarci? – L’idea
                va benissimo per un vecchio libertino, ma avrebbe l’assenso di
                un pratico saggio taoista. E dunque, sarà quando sarà,
                sperando che sia indolore: possibilmente, come pensava già
                Voltaire per la morte ideale, nel sonno.
                Non
                esiste nessun Dio con cui incontrarsi: si muore come si nasce,
                dalla laconicità del nulla. Tanto vale evitare la tenaglia
                scema del dolore. 
                Anche
                sulla morte, aveva espresso un desiderio nei Privilegi: “per
                apoplessia”, nel sonno e “senza dolore fisico”.
                Sarà
                accontentato per metà: per apoplessia, ma in una strada, con
                poco dolore, anche se gli ultimi anni erano stati pieni di
                acciacchi: coliche renali, dolori di stomaco, gotta, emicranie,
                vertigini, malaria (non curabile col chinino per non far
                soffrire i reni), un indefinibile stato di malessere
                “sottile”… - già in una nota del 1840 si chiedeva “In
                totale, val la pena di vivere?”.
                Si
                curava soprattutto con grandi bevute d’acqua.
                A
                Civitavecchia, il 15 marzo del 1841 ebbe un primo colpo
                apoplettico: “mi sono azzuffato con il nulla”, scrisse
                all’amico Merimée.
                Non
                si riprese mai del tutto. Chiese e ottenne un congedo e tornò a
                Parigi nell’ottobre del 1841. Sono gli ultimi mesi: 22 marzo
                1842, ha appena firmato un contratto con la  “Revue des Deux
                mondes”: 5000 franchi per due volumi di romanzi di
                novelle. Ha i soldi in tasca. Ma alle sette di sera, sul
                marciapiede di rue Neuve-des-Capucines cade colpito da un nuovo
                attacco apoplettico. Muore durante la notte, senza aver ripreso
                conoscenza. I soldi gli erano intanto stati rubati, lo stesso la
                tabacchiera d’oro.