"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 2, gennaio 2003


 

CHE BELLA L'ARTE DI SAPER SBAGLIAR!

ovvero: 

Parallelo giocoso tra Liszt e Stendhal

 

Quadro di Anonimo: Liszt ha la visione del suo Compagno Segreto

 

 

di Sophonisba Poliakov  

  “...massì!” 

In questa festosa fiera di stendhalianerie, i miei fronzoli ariosi non possono che trovarsi a loro agio straordinariamente! Non riesco a non pensare che un uomo come Stendhal andrebbe solo e definitivamente amato, benché il fenotipo tozzo e sederone non lo metta tra i miei adoni virtuali… ma ha una tale estro, una tale verve e una tale leggerezza: insomma, il dono di far sentire un nulla i miei sciami di sbagli, di farmi sentire a mio agio proprio nel mezzo della mia irrisolvibile foresta di nei: ma siiiì! - Si può sbagliare, si può essere pazzi, imperfetti, e quant’altro! Sollievo! – Mentre i pedanti la adorano, il genio disdegna la perfezione, la salta a piè pari: come la sua mamma graziosa che volò a cosce aperte oltre la sua culla di guardone in fasce… La perfezione, l’inappuntabilità, lo stile, la coerenza: orpelli mortuari, gioie delle mummie!… E questo tanto nell’arte quanto nella vita! - Il genio non cerca la perfezione: ma quello stato danzante, quel flusso musicale, in cui – dio, mio! – si può sbagliare!, e lo sbaglio non solo non conta, ma abbellisce!… 

 

Viene in mente un ricordo che val la pena riferire… racconta l’aneddoto la mia illustre compatriota, Nina Berberova, nella sua deliziosa biografia del grande compositore Borodin (Genio e regolatezza, Passigli): il quale un giorno fu accolto da Liszt e con lui suonò a quattro mani al pianoforte un po’ di quella sua musica che cerca di far far la pace al fervido spirito d’un Mussorskij con il levigato Occidente già sposato da un Ciaikovskij. - Si capirà che la cosa fu uno dei pochi veri momenti da non-plus-ultra della vita intera del nostro! Borodin era pur sempre un dilettante, per di più ‘femmineo’ (così si usa dire quando un maschio è un po’ statico, evanescente, irrisolto, e insomma allocco!) riguardo la sua stessa vocazione musicale! – Che le sue dita incerte battessero i tasti assieme a quell’infallibile mistico mefistofelico era appunto un quasi ingestibile troppo!… - Ed ecco come gli fu svelato – se ne accorse? - uno dei segreti della vita: quando suonando sbagliava, al Borodin veniva inevitabile di fermarsi… e lì il Lizst ogni volta, restando fedele al festoso galoppo della musica, a incitare: “Allez! Allez toujours!”ma certo, avanti! sempre avanti!

 


brummel risponde a sophonisba

 

"una lettera"


 

Sophonisba cara, sì, il Genio è ben altro dal Talento! e non c’è nemmeno bisogno di aprire il calepino per le mille e mille citazioni d’ordinanza… ché noi si sa già tutto a menadito…  mentre il Genio, lui - così sprovveduto, così disinformato – il genio non sa mai nulla di nulla. 

(ecco il suo privilegio) 

 il Genio sa nulla della Perfezione, l’ha mai incontrata per le vie; la Perfezione è quell’oggetto geometrico che mai incontrerà nella vita; è la sua eclisse, diceva un poeta dagli occhiali di tartaruga…il Genio è semplicemente già la Perfezione, senza però avvedersene…è come lo specchio che non conoscerà mai sé stesso… simile alla migliore critica, egli distoglie sempre lo sguardo da sé!

 

Il Genio se va a passeggio con un bolivar piantato sul capo, fa caldo a tarda mattina, le ghette sono di tortora, la rendigote cilestrina. Un dandy. 

Ma una cicatrice se ne sta piantata sul bel visino; non ricorda chi gliel’abbia fatta, quando se la sia procurata, forse sa nemmeno di averla… 


Eppure è lì la sua bellezza mozza respiro, quella fiacca ginocchi; è lì, in quei tre punti di sutura che illuminano di irregolarità il suo viso. 

Ma lui non lo sa. (e menomale) 

Egli un po’ il Narciso, colui che non si guarda mai allo specchio, por que Narciso tu es lo espejo mismo… 

Il Genio è spesso la mano incantata di Nerval. 

Ricordi - Sophonisba cara - quella sensazione di abbandono; ce la raccontavano forse i vecchi seduti al focolare nelle notti tute uguali a sé stesse… capita alle volte che tu stia rispondendo a una lettera - evadere la corrispondenza, che tirannia! – che tu stia seduto sulla sedia di abete, e ti senta abbandonare piano piano, mollemente, alla scrittura, come se fossi in alto rapito… 

ecco, solo allora la penna d’oca s’alza da sé, si bagna d’inchiostro d’Angleterre, impugna le tue dita e si mette a scrivere lei; sì sì,  proprio lei, da destra a sinistra e da sinistra a destra, indifferentemente…la scrittura automatica, il Kublai khan in versione disintossicata…

Il Genio è così: è indifferente come un idiota del villaggio, come in Mussorskij, e tu lo sai bene moja djèvocka.  

Al Genio basta poco: recare con sé un mazzolino di rose e viole, mettersele all’occhiello; lui se ne fa una cascata sui revers della giacca, ne fa…si fa fiore…. 

e s’offre spesso nemmeno fosse bouquet di strofe tenui…  

Talvolta, poi, preferisce fiori avvizziti. ma quello è gesto di ammirato ricordo per quei pomeriggi passati a casa del fauno, il birichino Verlaine.

Il Genio ama farsi portare a spasso dalla Leggerezza, trotterellare in sua compagnia, mentre Lei fa le spese…un passo di danza, un saltino, secondando magari una antic hay…

E sbaglia, accidenti come sbaglia il Genio; la pagina fitta di cancellature. 

Ma non è sregolatezza.  

Sregolato è chi spinge troppo l’acceleratore perché, si sa, il vento nei capelli…e tutte quelle storie lì. 

Sregolato è chi voglia uscire volontariamente dal seminato.  

Ma il Genio fa sempre e solo quello che può; quello che Altri può per lui, non ha voce in capitolo sulle sue cose; è come abbandonato alla divina provvidenza di non si sa bene chi…  

Se sbaglia, è sbagliato; se vince, è avvinto… 

La sregolatezza è propria del Talento infernale, è il sigillo del bravo scolaro che si ribella solo all’ora di ricreazione… è la cravatta legata attorno alla testa durante il ballo della scuola…

Il genio è l’Impotenza per natura.  

Ma è lì che sta la sua potenza, siccome la forza del re è nelle zampe leonine del suo trono: esse sono ormai immobili, ieratiche, senza più grinfie…

Il genio non è mai talentaccio, mai perfezionismo da gusto fin de siècle; intendo quel  perfezionismo di chi non sa la vivere in senso tragico, la vita barocca; di chi non ne sa accettare le estreme conseguenze… cavalcare la febbre dell’arte, vivere con la febbre a mille e - se pure capita- accarezzare le stelle…Niente!  

Il talentaccio si cura i capelli col phon, se li cotona pure, ahilui! 

È già cristallizzato, senza che Arrigo Beyle gli abbia dedicato un capitoletto nel suo dell’Amore! 

Figuratevi che l’ho visto io il Talentaccio, l’ho visto io con i miei occhi, mentre indossava delle orribili pattine per non rovinare il pavimento cerato da Nonna Speranza! 


Lui è un tipetto che osserva le ferree leggi della pantofola… ha finito persino col ricevere la legion d’onore per averne servito onestamente l’estetica!  

Sì, l’estetica del pantofola!  

Il talentaccio é un “forzato del bello”, uno che cede spesso all’urletto “diiivinooo”.

Indossa poi la corona d’alloro anche se non la merita, e non se ne vergogna per nulla…  

È uno che legge le recensioni dei suoi libri sul giornale della sera, ne fa triplice copia e le tiene poi in bella mostra affisse nel bagno padronale.  

È uno che parla di onore e aristocrazia del pensiero… ma se ci mettiamo a parlarne, è segno che tali idee non esistono più!  

Dei segreti si fa sempre nascondimento. 

Ma il talento che ne può sapere di cose simili! Lui vuole fare carriera! 

Valga allora, in conclusione, il sommo Ernest Hello: il genio fa quello che può, il talento quello che vuole… e la volontà – ognun lo deve sapere - è sempre molto ma molto nociva! 

è lì tutta la differenza.  

Saluti 

Brummell

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