1.
Essere diversi
“Può
darsi che il fondo dell’orgoglio consista nell'orrore della morte;
infatti noi consciamo la morte soltanto attraverso gli altri che
muoiono, per cui, se noi siamo davvero i loro simili, moriremo anche
noi. L’orrore della morte, farebbe insomma nascere dalle proprie
tenebre non so che volontà forsennata di essere non simile, di
essere l’indipendenza
personificata e il singolare per eccellenza, vale a dire di essere un
dio. Rifiutare di essere simile, rifiutare d’avere dei simili,
rifiutare l’essere a coloro che sono apparentemente e raginevolmente
i nostri simili, significa rifiutare di essere mortale, e voler
ciecamente non essere della medesima essenza di tutti coloro che
passano e si confondono uno dopo l'altro attorno a noi. Il sillogismo
che, com più sicurezza della cicuta, conduce Socrate alla morte, l’induzione
che ne forma la maggiore, la deduzione che lo conclude,
suscitano una difesa e un'oscura rivolta, il cui effetto - come si
può intuire facilmente - è il culto di sé”
(P.
Valéry, Varietà)
2.
Essere niente
“Ma
modifichiamo la «messa a punto», rientriamo in «noi stessi».
Scopriamo allora, o meglio si scopre, che le mie idee mi
vengono senza che io sappia come né da dove… Succede così
anche per i miei impulsi e le mie energie. Le mie
idee possono tanto tormentarmi quanto combattersi tra loro. Io
lotto con me. Dire però mie, mio, mia,
quando per altro verso questi interventi o queste presenze si
comportano come fenomeni, sta a dimostrare la natura puramente
negativa della notazione. Io posso rinunciare alla mia opinione
a favore della sua. Il mio dolore, la mia sensazione più
intima e viva può cessare e, una volta abolita, ne parlerò ancora
come della mia. Essa tuttavia è diventata un ricordo
funzionalmente identico al ricordo di una percezione qualsiasi.
Dunque,
la notazione io non designa nulla che non sia determinato nella
circostanza e attraverso di essa: e se qualcosa resta, è solamente la
pura nozione di presenza, della capacità di una infinità di
modificazioni. Alla fine ego si riduce a qualunque cosa.”
(P.
Valéry, Sguardi sul mondo attuale)