"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 1, 3 dicembre 2002


 


 

 

 

 

 

3 dicembre 1909

 

"Religiosamente"

 

Le mani

Un polacco

Soldi

Un consiglio per chi scrive

Ancora soldi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Do you speak English?

 

 

Un mese dopo la rapida esuberanza creativa del “Compagno segreto”, Conrad finisce Sotto gli occhi dell’Occidente. Si precipita col manoscritto dal suo agente Pinker per chiedergli un anticipo, ma Pinker rifiuta. Scoppia una lite in cui la frustata più sarcastica che Conrad subì fu l’invito a imparare finalmente l’inglese. 

Sull’inglese dell’autore di Lord Jim e della Linea d’ombra, e dunque di uno stilista perfetto, gli aneddoti si sprecano. Conrad era un aristocratico polacco che parlava già a cinque anni il francese. L’inglese venne con gli anni di navigazione, e dunque non prima dei venti. – Ford Madox Ford, che concluse la sua amicizia con Conrad con una scia di cattiverie, raccontava che Conrad conosceva bene solo l’inglese greve dei marinai e quello artificioso delle riviste letterarie, senza una minima idea di come effettivamente parlassero le persone colte… tanto più che viveva isolato in campagna e aveva sposato - queste due cose le sottolineò l’acida Virginia Wolf - una grassa zoticona.  

Ma anche l’amico Garnett, giovane critico che lo aveva aiutato a esordire, racconta che, quando leggeva ad alta voce qualche un manoscritto, “sbagliava talmente tanto spesso la pronuncia delle parole che avevo difficoltà a seguirlo. Scoprii allora che non aveva mai sentito pronunciare qelle parole inglesi, ma le aveva imparate dai libri!” 

Su questo punto dolente, in una lettera del 23 gennaio del 1911, Conrad si racconta così:

“...nel 1880 avevo padroneggiato la lingua abbastanza da passare al primo esame per il ruolo di ufficiale della marina mercantile, che includeva un colloquio di più di due ore. Ma "padroneggiare" non è la parola giusta; avrei dovuto dire "apprendere". Non ho mai aperto una grammatica inglese in vita mia. La mia pronuncia è tuttora piuttosto imperfetta. Poiché sfortunatamente non ho orecchio, il mio accento è incerto, specie quando nel corso di una conversazione comincio a pensarci. Nello scrivere,  lotto penosamente con una lingua che sento di non possedere, ma che mi possiede — ahimè!” 

Se si vuole capire da dentro che calvario infinito possa essere scrivere con scrupolo e amore in una lingua che non è la materna, si leggano i Quaderni di Cioran (Adelphi, 2000), rumeno dal francese baudelairiano. 

 

 

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