«Il tentativo più ambizioso di trasformare i fondali di cartapesta in barricate antifasciste si ha con le grandi biografie di William Dieterle» . La prima di queste, La vita del dottor Pasteur (The Story of Louis Pasteur, 1936), era nato come uno dei tanti progetti minori della Warner Brothers e il suo successo fu del tutto imprevisto. Il film costò 300.000 dollari, ne incassò dieci milioni e vinse tre Oscar (per l’attore, il soggetto e la sceneggiatura non originale).
Dopo Pasteur, Dieterle sceglie il tutt’altro che neutro Émile Zola impegnato nella difesa di Alfred Dreyfuss. Protagonista è di nuovo l’attore ebreo Paul Muni. The Life of Emile Zola (Emilio Zola) uscì nel 1937, ma tagliato, per ordine di Jack Warner di ogni punto in cui si palesasse l’origine ebraica di Dreyfuss. Paradosso che potrebbe dire molto, visto che in questo modo il produttore si comportava proprio come Dreyfuss nel corso del processo: «Alfred Dreyfuss non capì o non volle capire che una delle cause della condanna era stata la sua origine ebraica: nelle lettere dall’Isola del Diavolo non nominò mai la parola ebreo, né toccò mai l’argomento». Tornando al film, nel primo montaggio la parola «ebreo» era pronunciata tre volte: al suo posto rimane un fugacissimo movimento di macchina sul rapporto militare in cui la parola «ebreo» appare di volata per pochi impercettibili fotogrammi . Anche Zola vince tre Oscar: miglior film, miglior attore non protagonista, migliore sceneggiatura non originale.
(da: Francesco Carbone, Da Hitler a Casablanca (via Hollywood). Cineasti ebrei in fuga dal nazismo, Edizioni EUT, Trieste 2011)