«Pochi critici
hanno mai ammesso che Hamlet, dramma, sia il problema primario
e Amleto, personaggio, soltanto quello secondario.»
(T. S. Eliot,
Amleto e i suoi problemi, in Il bosco sacro)
«Una delle
grandezze di Shakespeare è la capacità di descrivere personaggi
ambigui. Non riesce mai a fare tutto bianco o nero.»
(G. Melchiori,
intervista a L. Lilli di “la Repubblica”)
«La madre di Amleto non viene
assolutamente risparmiata, almeno nel senso di esser lasciata, con
delicatezza, in pace come una creatura dall’animo sensibile: Amleto
può infatti ben affermare di averla pugnalata con le sue parole (III,
2, 399).
Perché allora proprio nel caso
della madre di Amleto viene accuratamente elusa la questione della
colpevolezza, che d’altronde è essenziale in relazione sia al delitto
sia all’esecuzione della vendetta? Perché, almeno non se ne rende
esplicita la piena innocenza? Se l’autore non fosse vincolato a
precisi dati oggettivi, se fosse davvero del tutto libero nella sua
invenzione poetica, non avrebbe dovuto fare altro che comunicarci come
le cose stavano davvero. Proprio questa circostanza, che cioè n on
vengano chiaramente espresse né la colpa né l’innocenza, dimostra che
sussiste un timore concreto e determinato, un riserbo che è un vero e
proprio tabù. Ne deriva, alla tragedia, un’impronta tutta particolare,
e l’azione di vendetta, che costituisce il contenuto oggettivo
dell’opera, perde quella sicura e lineare semplicità che invece
presentava sia nella tragedia greca che nella saga nordica.
Sono in grado di indicare questo
tabù, nella sua piena concretezza: esso ha a che fare con la regina di
Scozia, Maria Stuarda. Suo marito, Henry Lord Darnley,
il padre di Giacomo I, fu atrocemente assassinato dal conte
di Bothwell nel febbraio 1566. nel maggio dello stesso anno
Maria Stuarda sposava proprio questo conte di Bothwell, l’omicida di
suo marito: erano passati appena tre mesi dal delitto. In questo caso
di può davvero parlare di una fretta sospetta e indecorosa.»
(…)
«Nel 1603 Giacomo fu effettivamente
il successore di Elisabetta sul trono d’Inghilterra, l’immediato
successore di quella stessa regina che appena sedici anni prima aveva
fatto giustiziare sua madre. Ma nonostante ciò, egli non rinnegò
affatto sua madre, Maria Stuarda: onorava la sua memoria, e non
permetteva che venisse calunniata o diffamata. Nel suo libro
Basilikon Doron (1599), egli, in modo solenne e commovente,
esorta suo figlio a rispettare sempre la memoria di quella regina.
Così, all’autore della tragedia
Amleto veniva imposto quel tabù di cui parliamo. Per riguardo a
Giacomo, figlio di Maria Stuarda ed auspicato erede al trono, era
impossibile supporre una colpa della madre nell’uccisione del
padre. D’altra parte, il pubblico dell’Amleto, e così pure
tutta l’Inghilterra protestante e in particolare, naturalmente,
Londra, era convinto della colpa di Maria Stuarda. In considerazione
di questo pubblico inglese, era del tutto impossibile supporre l’innocenza
della madre. La questione della colpa dovette quindi essere
accuratamente elusa, e l’andamento del dramma ne risultò confuso ed
impedito.»
(C. Schmitt, Amleto o Ecuba,
Bologna 1983)