"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

1.  Impossibilità del Fiat, inevitabilità del No!

 


 

AMLETO (allo Spettro) - Vieni a rimproverare il tuo figlio poltrone che perde tempo e slancio, e trascura di eseguire il tuo ordine terribile e urgente? Oh parla!

(Atto III; sc. 4)

 

 

 

Aut-aut! O si obbedisce o si è intelligenti. Anche a non essere così drastici, si ammetterà che un discreto grado di idiozia favorisce l’efficienza: ricordate il candido Forest Gump che non eccelle  a scuola ma che è un ottimo soldato in Vietnam? Poiché «l’obbedienza non è semplice e tranquilla in colui che ragiona e che discute.» (M. de Montaigne, Saggi, vol. II, Milano 1986), non solo per Amleto sarà impossibile ridursi al «Fiat mihi secundum verbum tuum» (Luca, 1, 38) della madre e al »Fiat voluntas tua» (Matteo, 6, 10) del figlio.

 

Borges, specialista delle cattive infinità, sosteneva che «gli specchi e la paternità sono abominevoli, perché moltiplicano l'apparenza», ma certo non allo stesso modo, essendo evidente che il figlio sarà uno specchio mal molato rispetto al primo, lo specchio di qualcos’altro, di una sghemba giovinezza che farà dire al padre senza possibilità di replica «Quanto hai esitato, prima di maturare!» (F. Kafka, Il verdetto).

 

Dna fantasmatico, si svolge nei secoli il filum della colpa. Kafka dice così: «per fortuna non c’è bisogno che nessuno insegni al padre come intuire le intenzioni del figlio» (Ibid.), ed è proprio questo che sta dicendo. «La colpa in ogni caso, per definizione, si ripete, la si eredita, bisogna vegliare su di essa» (J. Derrida, Spettri di Marx, Milano 1994). Lo dice non solo la Bibbia ma – quale dei due più vicini a Derrida? - l’Heidegger di Essere e tempo, il quale non trova nome migliore di «colpa» per dire l’a-priori della condizione dell’uomo, il suo essere già in debito col mondo per la sua stessa nascita. – Diventare uomini porterà a quale saldo? «Hai voluto uccidere il padre per essere padre tu stesso: adesso sei il padre, ma il padre morto.» (S. Freud, Dostoevskij e il parricidio, 1927).

 

 

 

Di che lamentarsi? «Lo sai, è cosa comune a tutti» dice la madre ad Amleto, e «così dev'essere» rincara saggiamente il troppo paterno zio (Atto I, sc. 2).

 

Che dono sarebbe stato per tanti non essere amati più dei gattini che ruzzolano per la casa aperta alla campagna! Avere un papà maestro di morale e sentimentale self-controll come Aristippo: «quando gli si faceva presente l’affetto che doveva ai suoi figli perché erano usciti da lui, si metteva a sputare, dicendo che anche quello era bene uscito da lui; che noi generiamo pure pidocchi e vermi» (M. de Montaigne, Saggi, vol. I, Milano 1986).

 

E invece padri esperti di tutto, ai quali sarebbe bello, dal fondo dell’amore, chiedere almeno… - «No! gridò il padre, e la risposta cozzò contro la domanda…» (F. Kafka, Il verdetto).

 


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