AMLETO (allo
Spettro) -
Vieni a
rimproverare il tuo figlio poltrone che perde tempo e slancio, e
trascura di eseguire il tuo ordine terribile e urgente? Oh parla!
(Atto III; sc. 4)
Aut-aut! O si obbedisce o si è
intelligenti. Anche a non essere così drastici, si ammetterà che un
discreto grado di idiozia favorisce l’efficienza: ricordate il candido
Forest Gump che non eccelle a scuola ma che è un ottimo soldato in
Vietnam? Poiché «l’obbedienza non è semplice e tranquilla in colui che
ragiona e che discute.» (M. de Montaigne, Saggi, vol. II,
Milano 1986), non solo per Amleto sarà impossibile ridursi al
«Fiat mihi secundum verbum tuum» (Luca, 1, 38) della madre e al »Fiat
voluntas tua» (Matteo, 6, 10) del figlio.
Borges,
specialista delle cattive infinità, sosteneva che «gli specchi e la
paternità sono abominevoli, perché moltiplicano l'apparenza», ma certo
non allo stesso modo, essendo evidente che il figlio sarà uno specchio
mal molato rispetto al primo, lo specchio di qualcos’altro, di una
sghemba giovinezza che farà dire al padre senza possibilità di replica
«Quanto hai esitato, prima di maturare!» (F. Kafka, Il verdetto).
Dna fantasmatico, si svolge nei
secoli il filum della colpa. Kafka dice così: «per fortuna non
c’è bisogno che nessuno insegni al padre come intuire le intenzioni
del figlio» (Ibid.), ed è proprio questo che sta
dicendo. «La colpa in ogni caso, per definizione, si ripete, la si
eredita, bisogna vegliare su di essa» (J. Derrida, Spettri di
Marx, Milano 1994). Lo dice non solo la Bibbia ma –
quale dei due più vicini a Derrida? - l’Heidegger di
Essere e tempo, il quale non trova nome migliore di «colpa»
per dire l’a-priori della condizione dell’uomo, il suo essere già in
debito col mondo per la sua stessa nascita. – Diventare uomini porterà
a quale saldo? «Hai voluto uccidere il padre per essere padre tu
stesso: adesso sei il padre, ma il padre morto.» (S. Freud,
Dostoevskij e il parricidio, 1927).
Di che lamentarsi? «Lo sai, è cosa
comune a tutti» dice la madre ad Amleto, e «così dev'essere» rincara
saggiamente il troppo paterno zio (Atto I, sc. 2).
Che dono sarebbe stato per tanti
non essere amati più dei gattini che ruzzolano per la casa aperta alla
campagna! Avere un papà maestro di morale e sentimentale
self-controll come Aristippo: «quando gli si faceva
presente l’affetto che doveva ai suoi figli perché erano usciti da
lui, si metteva a sputare, dicendo che anche quello era bene uscito da
lui; che noi generiamo pure pidocchi e vermi» (M. de Montaigne,
Saggi, vol. I, Milano 1986).
E invece padri esperti di tutto, ai
quali sarebbe bello, dal fondo dell’amore, chiedere almeno… - «No!
gridò il padre, e la risposta cozzò contro la domanda…» (F. Kafka,
Il verdetto).