"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 


n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

45.  Troppo

 


AMLETO - Da qualche tempo, non so perché, ho perso tutta la mia allegria, ho abbandonato ogni esercizio.

(Atto II, sc. 2)

 

«Non sum qui fueram: periit pars maxima nostri:

hoc quoque quod superest languor et horror habet»

(Massimiano, sec. VI d.C.)

 

«Non son chi fui; perì di noi gran parte:

Questo ch’avanza è solo languore e pianto.»

(U. Foscolo, Di se stesso)

 

Gertrude capisce tutto: il suo «troppo affrettato matrimonio» fa sì che gli sia presto «troppo mutato» il figlio (Atto II, sc. 2). Quanto catastrofica sia la metamorfosi di Amleto lo racconta Ofelia, stravolta dalle sue offese: «Oh, quale nobile animo è qui sconvolto! l’occhio, la lingua, la spada del cortigiano, del soldato, del dotto, la speranza e la rosa del buon governo, lo specchio della moda, e il modello delle creanze, osservato da quanti fanno osservanza, del tutto, del tutto caduto! (…) ora vedo quella nobile e veramente sovrana ragione, stonata e stridula come dolci campane sbatacchiate; quella impareggiata forma e figura di fiorente giovinezza annichilita dalla follia..» (Atto III, sc. 1).

Quindi, quello che noi spettatori chiamiamo “Amleto”, credendo di essere più intimi alla sua essenza di tutti gli altri personaggi, è niente in confronto a ciò che era. – Il fatto che una poltrona in platea ci dia il privilegio di ascoltare con agio i suoi soliloquî, non farebbe credere a Ofelia o Gertrude o Orazio che noi conosciamo Amleto più di loro che l’hanno frequentato e amato nel breve arco della sua mondana perfezione. Noi di Amleto abbiamo una figura dimidiata dal lutto e stravolta dallo Spettro. Nessuno accetterebbe di essere riconosciuto per quello che è in analoga situazione. Vale quanto scrive Freud: «Il melanconico presenta una caratteristica (…) un enorme impoverimento dell’Io. Nel lutto il mondo si è impoverito e svuotato, nella malinconia impoverito e svuotato è l’io stesso» (S. Freud, Lutto e malinconia). La nostra coltivata intimità al dramma, se vuole essere onesta, e proprio come per una persona che si ama, non deve mai dimenticare questa sacra lontananza irrimediabile: l’essere lui là e noi qua, arrivati giusto in tempo per farci invadere dalle ultime parole di troppo.

 

 

Per la pazzia soliloquiante, melanconica e incapace non di agire ma di credere all’azione, qualcosa di molto amletico nella bellissima descrizione della  follia di Hölderlin del falegname Zimmer:«Se è diventato matto, è a forza di essere dotto. Tutti i suoi pensieri si sono fermati a un punto attorno al quale gira e gira sempre. Si direbbe il volo di un piccione che gira attorno alla banderuola sul tetto. (…) Tutta la giornata parla ad alta voce, facendosi delle domande e rispondendosi, e le sue risposte sono raramente affermative… Non sa come sbarazzarsi del suo grande sapere… è ugualmente un uomo libero, al quale non bisogna pestare i piedi» (Testimonianza del falegname Zimmer sulla pazzia di Hölderlin, in G. Kühne, Incontro di Zimmer con G. Kühne, 1836).


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