«…il soldato
fatto rude e spietato dopo aver sentito l’odore del sangue, vagherà
libero di uccidere, con una coscienza ampia come l’inferno, mietendo
come fossero erba le vostre belle fanciulle e i bambini fiorenti.»
(Enrico V,
Atto III, sc. 3)
AMLETO - Questo
è un ascesso che nasce
Da troppa pace e
abbondanza, si spacca
Internamente, e
fuori non si vede
Perché il malato
muore.
(ATTO IV, sc. 4)
«Il giudizio di Amleto sulla guerra
polacca è contraddittorio: prima la giudica à la Montaigne,
come un cancro del troppo benessere, poi nel soliloquio (avviato con
scoperto artificio [IV, iv]) idealizza l’impresa come esempio
di grandezza d’animo» (N.
D’Agostino, Nota a W. Shakespeare, Amleto, Milano 2004).
Purché la cosa sproni al fare!
- C’è chi piange per Ecuba, chi si fa ammazzare per «un guscio d’uovo»
polacco: ah, questo ossessivo masochistico voyeurismo per il fare
degli altri! Come se lui non facesse già troppo, e dunque troppo a
vuoto. Amleto troverebbe ottimo morire per Danzica, anche se
non fosse per fermare un Hitler e di Danzica si ripulisse appena un
quartiere di periferia. - Che differenza c’è tra il culto dell’onore e
un raptus della furia di sangue? Nel parossismo guerrafondaio,
nell’eccesso di salute degli energumeni incapaci di farsi oziosi, le
pulsioni di vita e di morte colliquano: due nomi dello stesso caos.
Però Rosalinda lo sapeva che perfino «il veni vidi vici
di Cesare è millanteria» (A piacer vostro, At. V, sc. 2).
Così le donne che Amleto vorrebbe in convento.
Tutto preso dalla sua fame di
simboli eroici e rimproveranti, Amleto è totalmente cieco anche al
capolavoro diplomatico di Claudio: eppure era stato testimone. Come un
fulmine deviato dall’artificio, il campetto polacco è stato infatti
concordato da re più ben sapienti per far sfogare Fortebraccio («un
tipo di fuoco, un tipo sfrenato», Atto I, sc. 1), il quale
aveva all’inizio ben altre mire, volendo proprio la Danimarca da
soggiogare (Atto I, sc. 2). Un’armata Brancaleone (sempre
parole di Orazio: «una truppa di disperati, cibo e dieta d’un’impresa
che ha stomaco grande», Atto I, sc. 1) deviata
sagacemente a sfogarsi nel nulla, Amleto la colora dei colori della
«gloria» più sublime: molto più del casto capitano che va a
combattervi e che gli parla chiaro («Truly to speak, and with no
addition, / We go to gain a little patch of ground / That hath in it
no profit but the name»): ecco, la gente che sa farsi sgozzare «per
una pagliuzza, quando l’onore è in giuoco» (Atto IV, sc. 4)!
O gioventù, artista immaginaria…