"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 12, settembre2007                                        

  

             n. 12 °*° William Shakespeare: Spettro delle mie brame - fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 


 

 

9. Conrad

 


 

«Nelle sue opere Conrad nomina Shakespeare soltanto due volte. Una volta, parafrasando il Macbeth, definisce questo dramma shakespeariano di cui non nomina il titolo, come “un racconto simile alla vita, pieno di vento e di rumore, che non significa nulla.” Macbeth, nell’ultima scena del dramma dice che la vita è “una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla” (V, 5). In Lord Jim il narratore trova a Patusan, tra le poche cose di Jim, un’edizioncina economica di Shakespeare. Domanda a Jim se lo legga, e si sente rispondere: “Già, non c’è niente di meglio per tirar su il morale”. “Questa scena mi colpì”, commenta Marlowe, “ma non c’era tempo per mettersi a discutere di Shakespeare”.

Tuttavia tra le confessioni personali di Conrad trovo una frase che, a parer mio, si avvicina molto all’interpretazione in chiave amara de La Tempesta e alla saggia maturità di Prospero. Conrad scrive: “La visione etica del mondo finisce per trascinarci in una tale serie di contraddizioni crudeli e insensate, che anche gli ultimi resti di fede, di speranza, di amore e persino di ragione, sembrano destinati a svanire. Sarei piuttosto propenso a credere che il mondo non sia altro che uno spettacolo, che deve suscitare, a seconda delle preferenze, spavento, amore, ammirazione o odio, ma mai disperazione. Queste visioni amabili o dolorose costituiscono uno scopo morale già di per sé. Il resto è affar nostro…»

Nel suo ultimo monologo, Prospero pronuncia la parola “disperazione”. And my ending is dispair. Ma è una disperazione che non è rassegnazione. D’altronde, la frase-chiave che permette di comprendere profondamente La Tempesta, è un’altra. Sta in un’altra tragedia, ma vi risuona lo stesso penetrante accento personale che permea l’ultimo monologo di Prospero: Dice: “La mia desolazione comincia a creare una vita migliore” (Antonio e Cleopatra, V, 2)

(J. Kott, Shakespeare nostro contemporaneo, Milano 2006)


 

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