"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

42.  Teatri ideali

 

 


 

«…non  è difficile immaginare quale sarebbe stato l’atteggiamento di Shakespeare; non è difficile, intendo, se si legge Shakespeare e non soltanto quello che hanno scritto di lui.

Parlando, per esempio, da direttore di un teatro di Londra attraverso le parole del coro di Enrico V, Shakespeare si lamenta delle esigue dimensioni del palcoscenico su cui deve rappresentare lo sfarzo di un grande dramma storico, e della mancanza di scenografia che lo costringe a tagliare alcuni degli avvenimenti più pittoreschi, si scusa per l’esiguo numero di comparse che interpretano i soldati e per la povertà degli arredi, e infine esprime il rimpianto di non poter portare in scena cavalli veri.

Nel Sogno di una notte di mezza estate ci dà un divertente ritratto dei problemi dei direttori del suo tempo per la mancanza di scene adatte. In verità, è impossibile leggerlo senza constatare che insorge continuamente contro le due limitazioni peculiari al palcoscenico elisabettiano: la mancanza di scene, e l’abitudine di far interpretare da uomini i ruoli femminili, così come insorge contro altre difficoltà con cui devono ancora combattere i direttori: attori che non capiscono il loro ruolo; attori che non riconoscono la battuta a cui devono rispondere; attori che improvvisano; attori che strizzano l’occhio al pubblico e attori dilettanteschi.»

 

(O. Wilde, Shakespeare e la scenografia, in Autobiografia di un dandy, Milano 1996)


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