"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

40.  Leggere e non capire

 

 


«Che ne sarebbe dei nostri progetti, se, subito “compresi” dal prossimo nostro, venissero esauditi, realizzati prima d’essere stati intrapresi? Che ne sarebbe della nostra vita, se già vissuta.

Ecco che quel mio modo stupito d’intraleggere Shakespeare, oltre il senso mediato, si felicitava, inconscio, con la mente mia bambina che da quel testo era così pensata, sillaba dopo sillaba, parole, una per una, due tre insieme, demotivate, in sé e per sé sovrane, verticali fuocherelli fatui, impotenti a disporsi dentro i ranghi-sequenza della frase. (…) Leggevo a mezza voce, proprio per niente mortificato di non capirci niente; parole, suoni, naturalmente nomadi come lassù le stelle, qua e là in cielo disposte, compitate a grumi, ma rare a fronte le miriadi altre lacrime disperse.

“il significato è un sasso in bocca al significante.»

Ci sono infanzie così precoci?»

(C. Bene, Opere, Milano 2002)

 

«Nel primo decennio scenico, senza nemmeno il filo di un microfono, mi producevo come dotato d’una strumentazione fonica amplificata a venire, esercitando le medesime costanti orali d’una ricerca elementare irriducibile: la verticalità (metrica e prosodia) del verso (e del verso libero), gli accenti interni nel poema in prosa, il canto fermo (dal gregoriano al lied, di contro al belcantismo vibrato), il parlato d’opera, l’intenzione musicale, la dinamica e le (s)modulazioni di frequenza nelle contrazioni diaframmatiche, la non mai abbastanza studiata cura dei difetti, l’ampiezza del ventaglio timbrico e le variazioni tonali, lo staccato, l’emissione (petto-maschera-testa-palatale) della voce ecc., ma sempre costringendo altezze e picchi dentro il diagramma monotòno della fascia armonica (a rivestire dell’alone il suono) e del basso continuo, mai disinserito; l’inspirazione e il fiato trattenuto, il guizzare vocalico esasperatamente tratteggiato a dissennare la frastica del logos (fin dalla prima edizione del Pinocchio come infortunio sintattico): donde quel recitarsi addosso, magico che non fuggì ai più sensibili ascoltatori.»

(C. Bene, Opere, Milano 2002)


 torna a  

 

     torna su