«Si è in balia del mondano e… c’è bisogno di soldi.»
(C. Bene, Opere, Milano 2002)
«Intorno al 1595, Shakespeare avrebbe potuto sconvolgere le nostre
aspettative perché allora non era interessato al teatro, ma a poemetti
e sonetti. Gli intellettuali contemporanei avrebbero preso molto più
sul serio i suoi progressi nel campo della poesia lirica. E’ stato
provvidenziale che Shakespeare, non avendo un soldo, sia stato
costretto a fare teatro.»
(W. H. Auden, Lezioni su Shakespeare, Milano 2007)
«Se Shakespeare non si interessò mai un gran che alla sorte di quei
drammi che l’avrebbero reso immortale, ben diversa fu l’attenzione con
cui costruì e mantenne intatto il suo patrimonio.»
(S. Schoenbaum, Shakespeare, Pordenone, 1979)
«Sappiamo molto della sua vita»
(B. Vickers, Ripensare Shakespeare, Milano
2001)
«Shakespeare nasce nel 1564, si sposa a diciott’anni, lascia Stratford
a ventuno, forse perché accusato di aver cacciato di frodo, approda a
Londra a ventidue. Scrive la Parte prima dell’Enrico VI a
ventisette o ventott’anni, le prime poesie a ventinove, i sonetti tra
i ventinove e i trentadue. A trentatré anni ha accumulato abbastanza
denaro – grazie al teatro, ma non ancora alle sue opere: i guadagni
cominceranno con l’Enrico IV – da comprarsi una casa a
Stratford. Tra i trentacinque e i trentasette anni scrive le sue
commedie più importanti, dai trentasei ai quaranta le sue opere meno
riuscite, dai quaranta ai quarantaquattro le grandi tragedie e dai
quarantaquattro ai quarantesette le commedie romantiche. A quarantasei
anni, probabilmente, si ritira a Stratford. A quarantasette scrive
La tempesta. A cinquantadue muore.»
(W. H. Auden, Lezioni su Shakespeare, Milano 2007)
Pare davvero che sia divenuto «immortale malgrado se stesso.»
(A. Pope, Imitation of Horace)
«In una Betlemme nordica chiamata Stratford on
Avon, è nato un uomo cui siamo debitori di un vangelo laico, come noi
definiremmo i drammi shakespeariani..»
(H. Heine, Donne e fanciulle di Shakespeare)
«Shakespeare, uno specialista di re, uomini anziani e fantasmi…»
(H. Bloom, Shakespeare, Milano 2003)