«La
fenice e la tortora offre un paradigma dell’ossessione
di Shakespeare per l’idea del due-in-uno, dei doppi, dei rapporti tra
sostanza e ombra. Gli uccelli sono raddoppiati in una fiamma comune;
sono due, ma in senso trascendentale uno, singolo e non composto.
Riflessioni su questo schema si possono trovare ovunque in Shakespeare
– begli specchi e nelle ombre del Riccardo II, nella
“unione nella diversità” del Sogno di una notte di mezza estate
(III.ii.210), nel tessuto stesso delle opere scritte al tempo
della poesia, l’Amleto e La dodicesima notte.
L’enigma del rapporto tra l’uno e il due (che interessò anche
Spenser, con le sue Una e Duessa) sembra sia stato
un aspetto fondamentale in Shakespeare, il che può apparire abbastanza
naturale in un poeta drammatico: il teatro e il mondo, il Globe e il
globo terrestre, l’attore come ombra. Nella sua forma più pura, ispira
una lirica metafisica; patologizzato, diventa Amleto.»
(F. Kermode, Il linguaggio di Shakespeare, Milano 2000)