"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 2, gennaio 2003

"L'Amore" di Stendhal Da Henri Beyle a "Stendhal"

Del fare "fiasco"


Leonardo

L’amore dona la “comica virtù della castità”. 

Successe questo: per distrarlo dalla stagnante disperazione per Matilde, degli amici lo invitarono a una “avventura galante”: ognuno avrebbe goduto a turno di una meravigliosa ragazza, che lui ricordò poi come una Venere del Tiziano: fu un “fiasco completo”. Serenamente, Stendhal non vide nella cosa una prova di scarso vigore ma la conferma di un amore ancora nella fase della fedeltà inevitabile. Gli amici invece ne risero e cominciarono a chiamarlo Babilan (impotente!).

“Fiasco”: un capitolo intitolato con questa immarcescibile parola italiana, era stato pensato proprio per il “De l’Amour”. Censurato dall’autore, lo si trova ora in tutte le edizioni in appendice. 

Se il fiasco sarà stato di certo un segno di fedeltà, è anche vero che Stendhal cercò presto il balsamo del sesso con la prima disponibile: fu una certa Luigina, che gli si concesse il 24 novembre del 1819, a Grenoble, odiata città natale.

Seguì la blenorragia, malattia di cui era stato contagiato già a Vienna anni prima. 

Vedi tu come è fatto l’uomo: il giorno del ritorno blenorragico, è lo stesso in cui viene infuso dall’ispirazione che gli fece poi meritare il nome di “day of genius”: nasce lì l’idea di consolarsi di Matilde, non solo andando con qualche Luigina qualunque, ma scrivendone in un trattato da intitolare all’amore.

 

 

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