"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4, aprile 2003


 


 

20. Interpretare, adorare

 

Si sa che il “soggetto” irrita e affascina: come la vita, scioglie i vincoli dimenticandoli. Se i libertini delle “Relazioni Pericolose” sono gelidi e cerebrali, compiacendosi di seduzioni ardue come partite a scacchi con la morte, Don Giovanni è irruente, impreciso, caotico: “Tout le plaisir de l’amour est dans le changement”, diceva già il “Dom Juan” di Molière, e “senza alcun ordine la danza sia!” canta in Mozart, felice di disordini e promiscuità universali. – Grazie a Mozart, Kierkegaard poté riconoscer in quel giovanotto che non può mai perdersi un attimo a pensare (una frase molto leopardiana: “la riflessione uccide l’immediato”, e dunque “godi, fanciullo mio”!…) “una forza cosmica” che “come il vento non smette di soffiare, e il mare di ruggire”. Il mare torna in Flaubert, che adorava solo Amleto, il mare e “Don Giovanni”.

Adorare, come fa Flaubert, sarà meglio di interpretare? (Per Simone Weil le due cose coincideranno, ma era decisamente meno interessata alla crapula, e la sua musica era il gregoriano). - Certo l’interpretazione, di tutte le adorazioni possibili, può essere la più alta. – Quasi tutti gli interpreti (che in musica sono soprattutto quelli che dal segno sul pentagramma ricavano suoni vibranti) si sono ad esempio affannati su come si possa ricreare un “Dramma” che si definisce “giocoso”, che cioè tiene insieme e contamina ciò che per maggior quiete sarebbe comodo tener spaiato: Dio, le buffonerie, la Morte, la crapula, la mistica, le orgette...

 


 

            

torna su