"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4, aprile 2003


 


2. La scommessa

 

Ah, che bello vantarsi!… 

Quando le cose ormai gli giravano bene, ed era richiesto dai musicisti di Vienna come Figaro da tutta Siviglia, Da Ponte si trovò ad avere perfino troppo lavoro: Salieri, Martìn y Soler e Mozart insieme gli chiedevano ognuno un libretto, e tutt’e tre avevano fretta! 

Nelle Memorie racconta che andò bel bello a sottoporre la bizzarra situazione all’Imperatore (le Memorie sono piene di dialoghi di Da Ponte con Giuseppe II, che di suo non lo nomina in nessuno dei documenti che ci sono rimasti): l’Altezza Sua Imperiale ritiene che il suo umile servo riuscirà a scrivere tre libretti in un sol colpo?

“Non ci riuscirete.”

“Forse che no, ma ci proverò. Scriverò la notte per Mozzart (sic!), e farò conto di leggere l’Inferno di Dante; scriverò la mattina per Martini, e mi parrà di studiar Petrarca; la sera per Salieri, e sarà il mio Tasso.”

Per vincere la scommessa Da Ponte si sarebbe rinserrato in casa, incatenandosi al tavolino come un Alfieri? 

Ma proprio no:

 

Andai al tavolino e vi rimasi dodici ore continue. Una bottiglietta di “tockai” a destra, il calamaio nel mezzo, e una scatola di tabacco di Siviglia a sinistra. Una bella giovinetta di sedici anni (ch’io avrei voluto non amare che come figlia, ma…) stava in casa mia con sua madre, ch’aveva la cura della famiglia, e venìa nella mia camera a suono di campanello, che per verità io suonava assai spesso, e singolarmente quando mi pareva che l’estro cominciasse a raffreddarsi: ella mi portava or un biscottino, or una tazza di caffè, or nient’altro che il suo bel viso, sempre gaio, sempre ridente e fatto appunto per inspirare l’estro poetico e le idee spiritose. Io seguitai a studiar dodici ore ogni giorno, con brevi intermissioni, per due mesi continui, e per tutto questo spazio di tempo ella rimase nella stanza contigua, or con un libro in mano ed ora coll’ago o il ricamo, per essere pronta a venir da me al primo tocco di campanello. Mi si assideva talvolta vicino senza muoversi, senza aprir bocca né batter occhio, mi guardava fisso fisso, sorrideva blandissimamente, sospirava e qualche volta parea voler piangere: alla corte, questa fanciulla fu la mia Calliope per quelle tre opere, e lo fu poscia per tutti i versi che scrissi per l’intero corso di altri sei anni. Da principio io le permettea molto sovente tali visite; dovei alfine renderle meno spesse, per non perdere troppo tempo in tenerezze amorose, di cui era perfettamente maestra.

 

Autoritratto divertente e falso, e in ogni caso forse la pagina più famosa delle Memorie. Da Ponte nasconde il plagio del libreto di un altro, riduce a un gioco di prestigio i tempi e si dà modelli abnormi eppure sottilmente veri.

La descrizione ha qualche somiglianza con quella, certo più veritiera, della notte – una notte sola! – in cui Mozart scrive l’Ouverture del Don Giovanni a Praga: musica difficilissima che l’orchestra avrebbe avuto non più d’una prova per imparare.

  

            

  

 

 

 

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