A
        32 anni, alla fine del 1781,Da Ponte arriva a Vienna, dove è appena
        fallito l'ìannoso tentativo di far nascere un teatro d’opera in
        tedesco. Colpa dei cantanti forse ancora più della qualità della
        musica. I cantanti italiani erano ancora impagabili e la nostalgia di
        ugole miracolose impose il ritorno al meglio. 
        Ad aprile sarebbe cominciata la nuova stagione e già erano stati
        ingaggiati cantanti librettisti e compositori: tutti italiani.
        Con
        che “background”?
         
        Un
        passo indietro: anche
        Da Ponte, qualche anno prima di essersi trasferito a Vienna, era stato
        ammesso in Arcadia, nella colonia di Treviso (nella quale si ritrovarono
        molti nobili locali, essendo lo scriver versi non un mestiere ma prova
        appunto, direbbe Don Giovanni, di “nobil core”). Era l’8 settembre
        del 1780. Da Ponte aveva 31 anni. Il nome che scelse fu: Lesbonico
        Pegasio. 
        Il
        mito era Pietro Metastasio.
        “Naturalezza,
        spontaneità, equilibrio, tranquilla armonia, forme aggraziate ed
        eleganti, quanto insomma aveva teorizzato e praticato l’Arcadia,
        trovano nel maggior poeta arcadico, Pietro Metastasio,
        l’esemplificazione più autorevole. Metastasio attua nel libretto del
        melodramma una seleziona linguistica notevole. Usa un lessico ridotto,
        limpido, e una sintassi elementare; una lingua quasi povera, ma anche
        semplice, chiara, precisa. (…) Le arie sono di levigata contabilità,
        i segmenti della frase bilanciatissimi. Una misura ritmica guida, prima
        della musica, il significato, e la convenzionalità concettuale è
        riscattata entro “oggetti ritmici” in sé perfetti, che trasmettono
        immediatamente il loro canto fonico-ritmico. Agli antipodi di quello che
        sarà il linguaggio scabro ed elevato dell’Alfieri, il linguaggio
        armonioso del Metastasio riuscirà così intelligibile a un vasto
        pubblico.”
        (C.
        BECCARIA, Dal Settecento al
        Novecento, in Storia
        della lingua italiana, Einaudi, 
        vol. 1).
        Da
        Ponte rubò a Metastasio la prima quartina di un’arietta che il Così fan tutte renderà
        universale:
         
        E’
        la fede degli amanti
        Come
        l’araba fenice:
        che
        vi sia, ciascun lo dice;
        dove
        sia, nessun lo sa.
         
        Se
        tu sai dov’ha ricetto,
        dove
        muore e torna in vita,
        me
        l’addita, e ti prometto
        di
        serbar la fedeltà.