Una
sera, era novembre, a Monaco, in una galleria, in mezzo a quadri
grandi e piccoli di urlante gusto espressionista, Kafka lesse “con
perfetta indifferenza” Nella colonia penale. Il racconto era
ancora inedito. E’ la prima e ultima volta che Kafka presenta un suo
lavoro all’estero. Ad ascoltarlo c’erano una cinquantina di
persone, e tra queste anche Felice Bauer, venuta apposta da Berlino.
Chissà cosa avrà pensato, mentre la gente abbandonava la sala mentre
il povero Franz ancora leggeva.
Max
Pulver, scrittore, traduttore, grafologo, amico di Wolff l’editore
di Kafka, era lì:
“Kafka
sedeva su una ribalta del podio per conferenze, all’ombra, scuro di
capelli e pallido, figura che non sapeva come evitare il suo imbarazzo
per la sua stessa presenza. Così, seduto di traverso sul suo podio,
lesse un brano di prosa inedito: Nella colonia penale.
Ho
dimenticato come parlò. Fin dalle prime parole sembrò che un live
odore di sangue si spandesse nell’aria, e mi salì alle labbra un
sapore stranamente insipido e vuoto. Anche se la sua voce poteva
assumere un tono quasi di scusa, le sue immagini penetravano in me con
l’acutezza dio un coltello, aghi di ghiaccio potenti veleni. (…)
Anche gli ascoltatori venivano violentemente proiettati verso queste
infernali sofferenze, lui stesso giaceva come vittima, sacrificale sul
letto di tortura e ogni nuova parola si conficcava, lenta esecuzione
capitale, nella sua schiena.
Un
tonfo, confusione in sala, e una donna venne portata fuori priva di
sensi. Nel frattempo continuavano le descrizioni. Le sue parole
produssero altri due svenimenti.”
(cit.
in M. MÜLLER, Franz
Kafka).