Scritto
d’un fiato nella notte tra il 22 e il 23 settembre 1912: “Non
riuscivo quasi a ritirare di sotto alla scrivania le gambe irrigidite
dallo star seduto. Sforzo spaventevole e gioia di veder svolgersi
davanti a me la narrazione…”
“Il
racconto è uscito da me come un vero e proprio parto coperto di muco
e lordura, e soltanto io possiedo la mano che possa penetrare fino al
corpo e ne abbia voglia.”
Kafka,
che si maschererà sempre nei nomi dei suoi personaggi si riconosce in
Georg: “George ha altrettante leterre quante Franz. In Bendemann
questo ‘mann’ è soltanto un rinforzo di ‘Bende’ per tutte le
possibilità ancora ignote del racconto. Ma Bende ha esattamente tante
lettere quante Kafka e la vocale ‘e’ si ripete negli stessi punti
della vocale ‘a’ in Kafka”… per le stesse corrispondenze
alfabetiche alla fidanzata del racconto Frieda corrisponde Felice (Diario,
11 febbraio 1913).
La
frase che gli diede più piacere fu l’ultima: “Il traffico sul
ponte, in quel momento fluiva addirittura senza sosta”. – Traffico
(Verkehr) in tedesco ha un
doppio senso, indicando anche i traffici sessuali: “beninteso, ho
pensato a Freud…” (Diario, 23 settembre 1912).
IL
4 dicembre del 1912 Kafka lesse, invitato dalla neonata
“Associazione Johann Gottfried Herder per la diffusione degli
interessi ideali”, all’Hotel Erzherzog Stefan (oggi Hotel Europa)
in piazza San Venceslao, proprio Il Verdetto. – Pochi
presenti: praticamente “una recita privata” al piano superiore,
nella sala degli specchi.
“Il verdetto” (tradotto anche con La condanna) fu pubblicato con dedica a “F.” (Felice) in un
volumetto a sé quattro
anni dopo dal solito Kurt Wolff. Kafka scrive all’editore per
giustificare la richiesta di un volumetto di pochissime pagine:
“E’ vero che La condanna alla quale
tengo in modo particolare è molto breve, ma è più poesia che
racconto, quindi ha bisogno di molto spazio intorno”
(cartolina
postale del 14 agosto 1916).