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NUMERO
11
Marlene Dietrich:
i nomi della Musa
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la matta
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Attori per Amleto
(Amleto, atto III,
scena II)
Be
not too tame neither, but let your own discretion be your tutor.
Suit the action to the word, the word to the action; with this
special o'erstep not the modesty of nature: for any thing so
overdone is from the purpose of playing, whose end, both at the
first and now, was and is, to hold, as 'twere, the mirror up to
nature; to show virtue her own feature, scorn her own image, and the
very age and body of the time his form and pressure. Now this
overdone, or come tardy off, though it make the unskilful laugh,
cannot but make the judicious grieve; the censure of the which one
must in your allowance o'erweigh a whole theatre of others.
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*°*
Ma non siate nemmeno troppo
addomesticati; fatevi guidare dalla discrezione, accordate il gesto alle
parole, la parola al gesto, avendo cura di non superare la modestia della
natura; qualsiasi cosa in tal misura gonfiata è ben distante dalla
recitazione, il cui fine – ora come ai nostri primordi – è di reggere lo
specchio alla natura, dire: di mostrare alla virtù il suo volto, al
disdegno la sua immagine, e perfino la forma e l’impronta loro all’età e
al corpo che il momento esige. Se questo farete con eccesso o con qualche
stento, se ne rallegreranno gl’inesperti, ma l’esperto se ne addolorerà; e
il suo giudizio dev’essere da voi privilegiato tanto da soverchiare
l’intero pubblico degli altri.
(E. Montale,
Mondadori)
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*°*
Ma non siate più neanche pappemolli.
Lasciatevi guidare dal vostro criterio e gusto. Accordate l’azione alla
parola, la parola al gesto: - badando, particolarmente, di non
oltrepassare la misura né i limiti della naturalezza; ché lo strafare è
contrario alla vocazione dell’arte teatrale, di cui il fine è sempre stato
ed è quello di porgere, si direbbe, uno specchio alla natura che mostri
alla virtù il suo vero aspetto, al vizio la sua precisa immagine; e d’ogni
età e di interi cicli storici, impronta e forma. Ora, il giggioneggiare
quanto il recitarsi addosso può far, talvolta, piacere al pubblico che è
l’orbetto, ma non può che disgustare l’intenditore: e il biasimo di uno
solo di questi buongustai deve avere più peso per voi gente dell’arte, che
l’applauso di un “esaurito” di balordi.
(C. V. Lodovici,
Einaudi)
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*°*
Non siate troppo blandi nemmeno, ma
lasciate che il vostro discernimento vi sia maestro; accordate
l’azione alla parola, la parola all’azione; con questo particolare
accorgimento, che voi non passiate oltre i limiti della moderazione
della natura; perché ogni cosa così strafatta è contraria allo scopo
dell’arte drammatica, il cui fine, tanto agli inizi che ora, fu ed è
il reggere, per così dire, lo specchio della natura; di mostrare alla
virtù le sue proprie fattezze, allo scorno la sua immagine, e alla
tempra e alla fisionomia stesse dell’epoca la loro forma ed impronta.
Ora questo esagerato, o stentato, benché faccia ridere l’inesperto,
non può che affliggere l’uomo di giudizio: la censura del quale deve,
nella vostra opinione, pesar più d’un intero teatro degli altri.
(R.
Piccoli, Sansoni)
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*°*
Attento però a non restarmi in
sottotono. Lasciate che il gusto sia la vostra guida; misurate il gesto
sulla parola, la parola sul gesto, con la regola di non soverchiare mai la
modestia di natura : perché l’errore di chi vuol fare troppo è estraneo al
concetto dell’arte drammatica la quale, in origine come ora, aveva ed ha
lo scopo di porgere, diciamo, uno specchio alla vita, mostrando alla virtù
la sua immagine, al vizio la sua guisa, e alla società la sua struttura,
come il tempo la determina. Invece l’esagerazione o la sciatteria, se
muovono al riso il pubblico della domenica, non possono che spiacere
all’intenditore, della cui censura dovete fare più conto che degli
applausi di un teatro esaurito.
(L. Squarzina,
Newton&Compton)
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*°*
Non siate
però troppo sottomessi; fatevi guidare dal vostro discernimento.
Accordate l’azione alla parola, la parola all’azione; con quest’unico
vincolo: non oltrepassate la sobrietà della natura. Perché ogni cosa
esagerata è estranea al teatro, il cui fine, oggi e sempre, è stato ed
è di reggere, per così dire, lo specchio alla natura: mostrare la
virtù nel proprio aspetto, il vizio tal e quale com’è fatto, e perfino
l’età, e il corpo, nella forma, e l’impronta, del suo tempo. Esagerare
o stentare in questo potrà forse far ridere gli ingenui, ma di certo
urterà l’intenditore, al cui giudizio è da tenere più che a un pienone
di quelli.
(F.
Gabbrielli, per il compagno segreto)
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