"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 12  settembre 2007

 


 

n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

 13. Lontano da Wittenberg

 

 

 

 


 

AMLETO - che fai lontano da Wittenberg, Orazio?

(Atto I, sc. 2)

 

CLAUDIO: ….Quanto alla tua intenzione

Di ritornare a studiare a Wittenberg,

essa è assai contraria al nostro desiderio…

(Atto I, sc. 2)

 

 

 

«Ti prego, Amleto, non andare a Wittenberg» (Atto I, sc. 2) dice la mamma al figlio vestito di nero e avulso dalla gioia della corte per il regno nuovo che si annuncia. Amleto obbedisce, ma Wittenberg, dove pare non si beva neppure forte abbastanza (Atto I, sc. 2), resta con lui. Wittenberg è sia l’università di Lutero che del Dottor Faust di Marlowe: a restare generici, una di quelle «università tedesche, maestre di occulti giochi della mente…» (G. Manganelli, Un amore impossibile, in Agli dèi ulteriori, Torino 1972). Essere un «sofista educato a Wittenberg» fa di Amleto non solo per indole e sensibilità un giovane vocato al «rovello del dubbio» (A. Strindberg, Amleto e Faust, Milano 1988): si potrebbe esser tentati a vedere il rapporto tra Wittenberg e Elsinore come quello tra teoria e pratica di quel rovello: «Una svalutazione luterana delle opere buone e dell’azione umana, legata alla “filosofia di Wittenberg” apre le porte alla malinconia e al sentimento del lutto così evidenti in Amleto… - un vincolo unisce genialità e malinconia» (G. Restivo, Percorsi della critica su Amleto, in Tradurre/Interpretare “Amleto”, Bologna 2002).

 

E poi questo vizio forse non solo da dandy di voler aver l’ultima parola sempre… l’arcicattolico De Maistre vi riconosceva un segno dell’eresia luterana, perché solo i protestanti «muoiono dalla voglia di aver ragione», e solo per questo fanno ragionamenti così cervellotici… il che sarà un «sentimento naturalissimo in qualunque dissidente, ma assolutamente inspiegabile in un cattolico». (J. De Maistre, Sul Papa, 1819).

 

 

 

 

«…il luteranesimo radicò nel popolo un rigoroso senso del dovere ma diffuse tra le classi alte la melanconia. Già nello stesso Lutero, i cui ultimi due anni di vita furono dominati da una crescente oppressione d’animo, si avverte un contraccolpo alla svalutazione delle opere. Certo la “fede” continuava a sostenerlo, ma ciò non impediva che l vita gli apparisse vuota.

 

Ma che cosa è l’uomo

se il suo maggior bene e il miglior impiego del suo tempo è,

per lui, mangiare e dormire? Una bestia, nient’altro.

Certo chi aprì alla nostra percezione un così vasto orizzonte

che vi si può comprendere e scoprire il prima e il poi,

non ci accordò il privilegio divino della ragione

per lasciarlo, trascurato, ad ammuffire.

(Amleto, atto IV, sc. 4)

 

Queste parole di Amleto sono filosofia di Wittenberg, e insieme una protesta contro di essa. In quella reazione violenta che aveva sgombrato il campo dalle buone opere tout court, e non solo dal loro carattere di merito o di espiazione, affiorava un ricordo di paganesimo tedesco, e con esso la cupa fede nel potere del destino. Le azioni umane erano private di ogni valore. Nasceva un nuovo mondo: un mondo vuoto. (…) Ma la vita si ribellava. In profondo, essa avverte di non essere lì per farsi svuotare dalla fede. In profondo, essa avverte un moto di orrore all’idea che l’intera vita possa svolgersi così. In profondo, essa si spaventa al pensiero della morte. Il lutto è quello stato d’animo per cui il sentimento rianima il mondo svuotato gettandovi una maschera, per provare un piacere enigmatico alla sua vista…»

(W. BENJAMIN, Premessa gnoseologica a Il dramma barocco tedesco, Torino 1999) 

 


 

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