"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9 dicembre 2004

 

 

  Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura


 

 

9.  Manuali

 

 

 


 

“I meravigliosi atlanti di dermatologia!”

(M. BULGAKOV, L’asciugamano col galletto).

 

“Da studente mi comprai un grosso volume di Erb, di circa 700 pagine, sull’elettroterapia. Vi erano contenute indicazioni molto precise, confermate dalla cosiddetta esperienza, circa numerosi fenomeni patologici. Oggi, la maggior parte di quanto in esso si riteneva efficace è stato riconosciuto come illusorio e ciò che si è salvato è assai poco.” 

(K. JASPERS, Il medico nell’età della tecnica)

 

Uno dei mille meriti del Bulgakov degli Appunti di un giovane medico è di farci apprezzare in modo giusto i libri di medici, primo fra tutti il prontuario (“con la copertina rossa e una scritta in oro”  “quante volte mi cavò d’impiccio, quando quelle dannate questioni di farmacologia spalancavano le fauci nere dinanzi a me!” L’eruzione stellata). 

Dottore che parla di sé non solo come medico da banlieu (cfr.: Céline e l’attualità letteraria) ma che saggiamente mai s’azzarda fuori dal ricettario era Céline (“..mai una diagnosi a sballo!... mai una cura cervellotica!... da trentacinque anni, nonostante tutto, è la morte del cavallo!... (...) se esci dal vecchio Ricettario...” F. CÉLINE, Da un castello all’altro).

Céline in realtà una sua idea creativa della medicina la ebbe da subito (cfr.: Ph. ALMÉRAS, Céline), vedi del resto la tesi di laurea su Semmelweis; e infatti, se è vero che scrisse le atroci Bagatelle, va anche detto che inventò il buon Basedowine (in vendita nelle farmacie fino al 1971!), farmaco per le mestruazioni dolorose commercializzato dal Laboratorio Galliez.

Ma bisogna assolutamente tornare a Bulgakov per parlare davvero dei libri di medicina, ambigui e silenti né più né meno di come già li raccontò Platone nel Fedro:

“…afferrai un libro, lo sfogliai, trovai il disegno che illustrava una tracheotomia. Lì era tutto chiaro e semplice: la gola aperta, il bisturi infitto nella trachea. Mi misi a leggere il testo, ma non capivo nulla, le parole parevano saltellarmi davanti agli occhi. Non avevo mai visto fare una tracheotomia.

(…)

“Rimpiansi amaramente di essermi iscritto a medicina, di essere finito in quel buco sperduto. In preda a una rabbiosa disperazione, ficcai la pinza a casaccio in un punto vicino alla ferita, la feci scattare, e il sangue subito smise di scorrere. Asciugammo la ferita con pezzi di garza, essi mi si presentò dinanzi pulita e assolutamente incomprensibile. Della trachea neppure l’ombra. La mia ferita non assomigliava a nessuna illustrazione.”

(M. BULGAKOV, La gola d’acciaio)

 

Viene in mente Conrad.

Come il Tifone in cui finisce il piroscafo Nan-Shandel del capitano Mac Whirr non coincide con le descrizioni di “nessun libro”, così  una ferita nera e impenetrabile come l’Africa di Cuore di tenebra sarà esplorata e conosciuta dal medico di Bulgakov praticamente, avventurandosi tra intuizione e caso, fortuna e attenzione, coraggio e azzardo… 

Saranno allora i manuali giusto i virgili del pivello? Non resteranno che loro, fuori del conforto paterno dell’università, come prime guide provvisorie lungo una strada in cui ormai il medico è solo?…. Imparando così a proprie spese che nel manuale, come diceva Max Weber, troverai appena un “tipo”: concetto che sarebbe piaciuto a Guicciardini (Ricordo  35) seccando però un poco Machiavelli.

E infatti, nella Storia noiosa di Čechov trovi il vecchio dottore che scrive “che i metodi dati per migliori nei manuali e del tutto idonei al modello si rivelano poi affatto inadatti nei singoli casi. Lo stesso accade per le malattie morali”.

La raccomandazione ha nel racconto un suono struggente. Quel dottore infatti è ora lui “un singolo caso” perché sta morendo. - E nessuno come Čechov sa raccontare così bene quel passaggio da dottore a malato: un precipizio dalla chiarezza della malattia degli altri al nero della propria.

 


 

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