"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9, dicembre 2004                                         


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura 

 


 

 

19. Svevo & Schreben e le patologie profetanti 

 

chi dice vita, è già spacciato  

(G. BENN, Il romanzo del fenotipo) 

 

 

 

 


 

“…non potevo ancora credere a una effettiva volontà 

malvagia di Dio nei miei riguardi.”

(D. P. SCHREBER, Memorie di un malato di nervi)

 

“Altro che psicoanalisi ci vorrebbe...”

(I. SVEVO, La coscienza di Zeno)

 

Borghesuccio com’è, l’edipico Zeno ha zero da dire al mondo: indifferente alla Guerra “Grande” che si combatte a un sospiro dai suoi traffici, ve ne scorge però, ma quasi distrattamente, per profeticità più avulsa che oracolare, la figura del disastro finale verso cui l’Uomo sta portando il pianeta. – Fosse vero, avrà allora ragione lui a non perdersi nel pianto per i futuri morti di Redipuglia: schiere dolenti che, per quanto abnormi, non sono che annuncio sbiadito tra i tanti dell’Apocalisse inevitabile!

La bazzecola della fine del mondo comunque viene sbrigata in un paio di pagine alla fine.

 

Il Presidente di Corte Schreber, invece, per dispiegare le sue idee a favore di una decriptazione del Mistero del Mondo, ha bisogno della pazienza di centinaia di fogli e dell’andamento catechistico di una nuova Rivelazione: quale ottimista! - Il Tutto gli si manifesta– tentazione deliziosa credergli – come una ramificazione di filamenti nervosi pressoché infiniti che scendono da Dio fino alle miriadi degli esseri, in un reticolo spesso indescrivibile, ma più logico e inesorabile dei gironi e delle sfere di Dante (altro “paranoico”!, con quella mania di ordinare e giudicare tutto!, come dice Alfredo Giuliani in un’intervista recente su “Repubblica” per i suoi ottant’anni)…

 

L’ultima frase delle Memorie di un malato di nervi celebra l’“ordine del Mondo”; l’ultima parola è “armonia”. Zeno chiude con: “parassiti e malattie”.

 

Tutt’altro che persa in millenarismi da moralisti spiritati, la clausola catastrofica della sua Coscienza è lo sguardo straniato che chiude il quadernetto senile d’un mercante sui cinquant’anni, discretamente pusillanime e nevrotico, blandamente grafomane, indifferente al macello delle trincee che cercano il premio della sua città, felice di un mondo senza IVA, IRPEF e IRAP e in cui ogni commercio è diventato, proprio grazie alla guerra, buono…  

Intanto è lui, mica quei geni di Croce, Gentile e di tutto il Circolo di Vienna, che vede il come e il quando del BUM! perfettamente insignificante in cui deflagrerà la Storia… 

 

*°*

 

Si tratta di un paio di paginette, giusto sul margine finale di qualcosa che sarà sempre arduo definire “romanzo”, che, malgrado l’usura da fama, non possono non suonare sempre improvvise e schizofreniche. 

Basta leggere: Zeno comincia blaterando della sua salute, identificata col suo denaro, finendo però con un salto - tutt’altro che dialetticamente modulato! - nell’equazione senza ritorno tra Salute e Morte: destino sfatato che il morboso Uomo procurerà a se stesso e al resto della Terra... 

 

Chissà se è da questi sguardi che lo avrebbe guarito la medicina parolaia del dottor S.

Come nel lancinante Monaco nero di Cechov, guarire avrebbe voluto dire non più sognare, non più vedere,non più sapere? - (Ma del resto a che serve un sapere così?)

 

Pare che sia ormai la vera gran colpa sia non trasformare ogni disastro in un’occasione. – Forse dovremo diventare tutti inverecondamente ottimisti perfino di fronte alla vecchiaia più greve, come predica il dottor James Hillman nella Forza di carattere? - Ecco. Con la psicoanalisi, sempre restando a Svevo, ci si offrirebbe un prozac un po’ più intellettuale di quello farmacologico: invece che il puro istante d’una pillola ciecamente inghiottita, il piacere di una cura lentissima – placebo o panacea? - per Sisifi più incorreggibili del Malato di Molière… 

 

Zeno non crede al suo complesso d’Edipo. Alla diagnosi del dottor S., risponde con  un aforisma degno di Karl Kraus: “la miglior prova che io non ho mai avuta quella malattia risulta dal fatto che non ne sono mai guarito”

 

Schreber, paranoico doc che affascinò Jung, Freud, Lacan, e soprattutto il Canetti di Masse e potere, non nega la sua follia: semplicemente afferma che essa ha un senso e che, rivelatosi a lui il senso del cosmo, ha il chiaro e guaritivo “sentore della necessità” (Memorie di un malato di nervi)

 

Chi starà meglio? Tra Hegel e Schopenhauer, si potrà sospettare l’ininfluenza delle metafisiche riguardo al tono medio del proprio umore? Che dipenderà allora da cosa?


 

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