"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 9, dicembre 2004                        


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Cechov, Céline, Bulgakof, Benn: I medicamenta del dottor Scrittura

 


 

1. Leonardo 

 

 

 


 

“…e se tu arai l’amore di tal cosa, tu sarai

forse impedito dallo stomaco”

(Fogli di anatomia posteriori al 1500)

 

“…non è cos di che io mi

maravigli più che vedere uno uomo vecchio..

(F. GUICCIARDINI, Ricordi, n. 161)

 

La stupefazione sempre più sapiente per gli intrichi mirabili dei muscoli, dei visceri, dei nervi, che trovi identici nella carcassa del genio e in quella dell’idiota, precipita l’Anatomista in un gorgo di misantropie inconfutabili: quale occasione sprecata, infatti, un corpo, “stromento” mirabile, ma quasi sempre sotto signoria di “omini grossi e tristi” (Fogli di anatomia e di ottica del 1489-90)!

Tanto millenario ingegnarsi di Natura, perché poi la vita non sia “altro che transito di cibo” per gli “aumentatori di sterco e riempitori di destri [cessi]… perchè per loro altro nel mondo non appare, alcuna virtù in opera si mette, perchè di loro altro che pieni e destri non resta” (Favole e facezie)!

Gottfried Benn, medico “di bronzo” a legger queste frasi non batterebbe ciglio, e riconoscerebbe che il cervello, quale sede di spirito e sagacia, è un organo giovane; e che la trasformazione, che pur gli compete, della materia in spirito è l’operazione più innaturale che si possa pensare… E certo anche il dottor Destouches, alias Céline, sebbene più sarcastico e umorale, avrebbe sottoscritto.

Leonardo si pone su un confine che ogni sezionatore ha conosciuto: superato lo shock inevitabile per la visione del corpo morto e sezionato, e dunque non più “impedito dallo stomaco” né “dalla paura coll’abitare nelli tempi notturni in compagnia di tali morti, squartati e scorticati e spaventevoli a vederli” (Fogli di anatomia posteriori al 1500), vede nel corpo le sue macchine perfette.

Il prezzo sarà l’impossibilità di ricomporre da allora la realtà, se non in un immedicabile swiftiano sguardo di Gulliver: cos’è ormai un uomo vivo? Cosa più del cadavere di un idiota per ora ancora palpitante?

A parte questi disastri metafisici, anche ricadute più immediate. 

Agli occhi dell’Anatomista, infatti, la complessità mirabile del corpo rende definitivamente risibili le verbose e abborracciate sapienze dei medici (i “fisici”), impestatori di pazienti della stessa “spezie d’Archimia”: diagnosi analoga nel Ricordo n. 161 di Guicciardini, a sua volta stupefatto dalla labirintica efficienza del corpo, e dunque del suo potersi non disfare fino alla sempre stupefacente vecchiaia… da qui, per entrambi vale lo stesso consiglio che leggeremo un secolo e mezzo dopo in Molière: se sventura vuole che si cada preda d’un morbo, non aggiungere a questo la Malattia dei medici, che “medicano al buio e a caso” (F. Guicciardini, Ricordo n. 206) !…

 

°*°

Questo viaggio al fondo della notte del corpo, cominciò per Leonardo a Milano, tra il 1489 e il 1490, quando lo scopo era una conoscenza suprema della forma umana per meglio poterla dipingere. Intorno al 1503, a Firenze, il ritorno sui cadaveri mostra un’intenzione ben diversa: enciclopedica, scientifica e indistinta: il piacere dell conoscenza in sé del corpo sezionato, facendo n ogni caso “utilissima cosa alli curatori delle ferite” (Fogli di anatomia posteriori al 1500). Qui il disegno non è più il fine ma lo strumento più potente di cui la conoscenza possa disporre. La stessa idea ritrovi nell’ultimo gruppo di manoscritti, posteriori al 1510.

E infatti, leggi accanto a un disegno accuratissimo del cuore: “O scrittore, con quali lettere scriverrai tu con tale perfezione la intera figurazione, qual fa qui il disegno?” (ibid.).

Le parole sono buone infatti per concetti da orecchie, “cose di su stanzie o di nature”, ma non per “cose appartenenti alli occhi” (ibid.), che sono appunto tridimensionali e sfumatissime apparenze.

Da qui si può capire anche che il pubblico immaginario a cui scriveva il sarcastico “omo sanza lettere” nella sua notturna solitudine scrivente, era fatto di scrittori. E che la polemica è espressa da una lingua meravigliosa.

 


 

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