"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 7, maggio 2004                                           


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

"Fondamenta degli Incurabili" di Iosif Brodsky

 


 

 

2. Mario Praz

 

 

 


 

…un orto turrito di frutti di mare…

Per bagaglio soltanto lo stupore del Fanciullo Eterno, e sempre con sé, nel tascapane, la serietà rapita del bambino che s'appresti al gioco: così viaggiava Mario Praz, e sin da giovanissimo. Da quando -citatore potente- s’aggirava mai smarrito tra le selve degli schedari, duellando spesso col demone della Perfezione, superciliosissimo… Ma anche scorrazzando en plein air, in bicicletta per l’Italia, en attendant i berensoniani “orari ferroviari” della pittura rinascimentale, nondimeno già avvezzo alla tassonomia più rigorosa: registrare le corrispondenze tra gli afrori della campagna polverosa e i paesaggi pittorici sbuffati a sfondo delle predelle d’altare. Epperò sarà oltre-Manica, ai tempi dell'insegnamento inglese, sarà lì che a dispetto dei patimenti inflitti dal cielo albionio verrà instillato il proprio personalissimo “Sentimento dell’Italia”: vaga rincorsa d'una patria artistica trasognata… 

 

Ne scaturiranno pagine che sono raffinato corredo del Viaggiatore Incantato, cosmogonia di suoni e odori, schizzi, bozzetti e minuzie d'un Italia “luminosa e colorata”, da Grand Tour. Come un inglese dunque, Praz alla scoperta l’Italia, e rigorosamente senza Baedeker sotto il braccio!, pronto semmai a gettarsi nel precipizio, oltre la pagina, là dove la vita ribolle... E guardando ogni cosa, annotando tutto: la conformazione delle città, i panni stesi, le bellezze indigene… Un Paesaggio visionario, ma nient'affatto velato dalla filigrana delle parole, occhio mai tradito da lenti che smussino i toni cedendo alla pastorelleria più sdolcinata: Gogol, e non  Lamartine. Perché in fondo, differentemente dai fratelli Goncourt, Praz ama follemente la Natura, e soprattutto al di fuori dei quadri… 

 

Lo si troverà, dunque, incoronato re Laurino sul Gernetto; in spiaggia, panama bianco e tasche colme di sassolini goethiani; o magari all’Elba, contemplando il colore cangiante delle pietre napoleoniche… Predilige il Paesaggio pittoresco Praz, quello che secondi devotamente i canoni di Fuseli, meglio poi se sottilmente legato a elementi dal contrasto “a effetto”: la Luce e il Silenzio evocati dalla scuola pussiniana (Et in Arcadia Ego?), e subito dietro l'angolo, in agguato, la bizzarria più chiassosa. Proprio come in Washington Irving: le rovine maestose, a un tempo sepolcri d'aura antica e tana di briganti alla macchia...

Sicché, alla maniera del più morbido dei filosofi, Lorenzo Magalotti, Il Professore accosterà anche Venezia dal coté più pregnante e meno frequentato: la città odorosa.

 

“Non è il ruvido odore dell'oceano, che sa di rimescolamento di fondi, di melma e naufragio, odore minaccioso di elemento ostile all'uomo, ma un odore a parte -s'intende nelle giornate serene- aggentilito, leggero e femmineo, quasi che Venezia lo donasse dai suoi pori come una bella creatura sana. Fa l'intimità di Venezia quest'odore[...] Quest'odore ti accompagna a Venezia, tiene bordone a tutte le sue fantasticherie, è l'imponderabile giunta che converte la tua contemplazione in esaltazione. Come quando in un appartamento antico e tranquillo, se a un tratto cessi di chioccolare la fontana del cortile, ti pare che l'incanto sia rotto, perché quel chiocciolio che quasi non avvertivi tanto c'eri avvezzo, era proprio l'elemento essenziale della magia del silenzio.” 

(Mario Praz, Odore di Venezia, Il Mondo che ho visto, vol. II, Sansoni).


 

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