"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 6, dicembre 2003


Le Elegantiae di Lord Cosmetico

Per li Capelli 

 

 

Alla seduzione di quei boccoli e nastri 

non resiste nessuno, neppure K., 

che è sempre così distratto.”

(Pepi ne: Il castello, F. Kafka)

 

Spiegare la lunga capigliatura dei franchi, 

la tonsura dei monaci, la rasatura del servo,

le parrucche di Popocambou, la cipria 

aristocratica e il taglio alla Tito del 1790, 

non equivarrebbe al racconto delle principali 

rivoluzioni del nostro paese. 

(Balzac, Trattato della vita elegante, 1830)

 


Una “moquette” come viene viene, minimalista e milanesissima, quella di Gae Aulenti, praticamente un comandamento di asburgica austerità, e guai al cachet e al toupet! Françoise Giroud aveva una chioma bianca, e da sempre; d’un candore violento, sottolineatura azzardata della geometrie gotiche del suo viso: chioma leziosamente severa, da Patronessa Borghese del Giornalismo Francese. Assai più negligente il Sale e Pepe di Giosetta Fioroni; blasonatissimo quello della marchesa Cicogna. Ma si sa, le intemperanze aristò-artistò son sempre versate du côté de chez  la gâterie.

Comunque, per tutti, un diktat inequivocabile: vietati gli acrobatici riporti novecenteschi! Da relegare senza piagnucolii al pessimo gusto delle retrovie provinciali e bisunte! Ché, in fondo, già Lautréamont e Villiers de l’Isle-Adam ce l’avevano assicurato: sarà la Chirurgia tricologica la scienza più consolatoria; e nei casi proprio disperatissimi, beh, sfoderare la profezia dannunziana: la beltà futura sarà calva!


Ai tempi dell'Ancien Régime si furoreggiava in parrucca, e soprattutto gli uomini.

Arzigogoli e pullolii di riccioli argentati o lucidati a cipria, girali tra il vertiginoso e il periclitante, sempre impalpabilmente en souplesse, epperò così aggrumati pel gran dispendio di Lacca di Malacca e chiari d’uova. Parrucche incapaci di sostenere qualsivoglia copricapo, anzi a volte mascherate esse stesse da cappellino o corona, persino da foresta tropicale delle Nuove Indie, con tanto di pappagallini e primizie rare incorporate… (col conseguente incomodo di aver sempre velette e dentelles e tricorni tra le mani, e la noia di doversi portare dovunque dietro il marito servo muto, aggiogato all’uopo al ruolo di reggi-attrezzeria).

Giornate intere sotto il torchio del Maitre Coiffeur, boudoirs trasformati in officine del Martirio con tanto di pinze truculente e tiranti, paleoferri da stiro per cotonare le crespe cornelie… Madame de Pompadour che abbandona in anticamera certi ospiti regali perché, insomma, una ruche capillifera, di quelle gorgheggianti a disegnarle un merletto sul cocuzzolo bernoccoluto, ecco proprio quella – la mascalzonissima - si è ribellata e inesorabile s’affloscia ora sulla fronte terrorizzata per lo scandalo… Una rivoluzione in anticamera…


Le dame italiane invece, deliziosamente periferiche dude e cianciere, quelle scelsero un’altra linea; e sempre, finanche  sotto Radetsky, preferirono la pastorellerie settecentesca, soprattutto in fatto di acconciature. E con la trovata genialissima e meridionale di lasciar le cosine così come mammà aveva di capa sua provveduto: che Nulla cambi perché Tutto sia comunque à la page. Ovverosia: se – come è evidente - il Genius Loci offre già da subito chiome corvine e gorgoniche, naturalmente arruffate in volute di ricci, bisticci e tire-bouchons, perché accapigliarcisi tanto su, per poi ottenere quel che Natura ha già confezionato ab origine? Se il Riccio è davvero seduzione, ma allora profittare della spontanea intricatezza dei propri capelli, grifagno invito a perdersi dentro quel carezzevole rovo… Profittarne! Dei vespai di ispide foreste farne sottile esercizio di galanteria. Sicché, basta rincorrere l’ossigenarsi nordico da altana veneziana, soprattutto quando Canicola è malsana, e tiene nemmeno la sottana… ( “si fanno biondi i capelli con diverse sorti d'acque o lisce fatte a questa requissitione, et questo fanno sul colmo del gran calore del sole, sopportando molto per questo effetto.”Vecellio, 1590).


Mai più "chiome in parte posticce o capelli massacrati, sofisticati, adulterati (colorature beche, tinture)” (La moda di Vanessa, Gianna Manzini) nell’imitazione delle nordiche valchirie. Viva il Nero d’Avola, che poi è pure più chic, soprattutto se si abbia pure l’accortezza di adeguarvi il restante armamentario. E allora: appassire a bella posta gli incarnati, paludare i volti di espressioni afflitte e crocefisse, scriminature al centro e scarni rosari su peccaminosi decoltés; il tutto alla maniera d'una qualche Gemebonda o Genuflessa in visita parenti dalla lontana clausura…

Limitarsi a poche squisitissime gioie: monili Bigordi in forma di ghirlande, temibili Kanzashi giapponesi, di quelli che, sottospecie di grandi capocchi di giada e bambù filettati in oro, dissimulano armi letali, da maneggiare all’occorrenza, se un premuroso spasimante si trasforma di  colpo in focoso assediante… A meno che non si attendesse altro.


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