"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5 ottobre 2003

 

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

9. Fedeltà a:


Per imparare a stare dentro il mondo di Manganelli, può servire, per esempio, qualche pagina di Maurice Blanchot. Per esempio questa:

“Capita un momento in cui il letterato che scrive per fedeltà alle parole scrive per fedeltà all’angoscia; è scrittore perché quest’ansietà fondamentale si è rivelata a lui e al tempo stesso si è rivelata a lui in quanto scrittore. (…) il caso dello scrittore è il più sintomatico in quanto è l’espressione per eccellenza del paradosso dell’angoscia. L’angoscia coinvolge tutte le realtà della ragione, i suoi metodi, le sue possibilità, la sua possibilità, i suoi fini, e tuttavia le impone di essere presente; le intima di essere ragione nel modo più perfetto possibile; essa stessa non è possibile se non in quanto persiste in tutta la sua potenza quella facoltà che essa annienta e rende impossibile.

“Il segno della sua importanza è che lo scrittore non abbia niente da dire. Anche questo è risibile. Ma uno scherzo del genere ha oscure esigenze. Prima di tutto non è così corrente che un uomo non abbia niente da dire, capita che un uomo faccia tacere momentaneamente tutte le parole che lo esprimono eliminando la conoscenza discorsiva, cogliendo una corrente di silenzio che sgorga dalla profondità della sua vita interiore. (..) Ma per lo scrittore la situazione è diversa. Egli sta attaccato al discorso; evade dalla ragione solo per esserle fedele; ha autorità sul linguaggio che non può mai completamente rinnegare. Non aver niente da dire per lui è la caratteristica di qualcuno che ha sempre qualcosa da dire. Al centro del chiacchiericcio trova la zona di laconicità in cui adesso deve rimanere.”

(M. BLANCHOT, Passi falsi, Garzanti 1976).


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