"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5 ottobre 2003

 

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

9.  Essere & non essere S.p.A.

 


“Chi desidera muore; ma chi è morto 

da sempre può concedersi l’indugio 

di un desiderio che non osa desiderare” 

(Salons)

“Un grado di più concentrata inesistenza” (Intervista a Fedro): ecco lo scopo, posto che possa averne uno, di un morto!

Ma anche di un vivo: Fedro invidiava agli animali “il pregio di non avere nome”, cosa purtroppo umanamente difficile: “Vede, al nostro tempo molti volevano perdere il nome; ma non era facile. Cercavano di lasciarlo per la strada, su un muricciolo, e subito una guardia li denunciava per abbandono di nome…” (ibid.).

Può accadere che il nome sopravviva al suo provvisorio affidatario: resta allora come un guscio di cicala. Come nel caso celebre della rosa di Eco, allora, si trattasse anche del nostro, “nomina nuda tenemus”. 

A parte il nome, i morti stessi di sé ricordano pochissimo: “se ho avuto moglie, l’ho dimenticata” (ibid.).

La cosiddetta vita del resto tende a correre (“La vita tende a vivere e ciò è intollerabile”, Il delitto rende ma è difficile, Comix 1997): impossibile farsene una qualche idea precisa, impossibile esser“ci”: abbiamo avuto madri, sorelle, fratelli? “Non crederà che in così poco tempo uno si possa fare delle idee molto chiare, no?” (Intervista a Dickens).

Paradossale però la sorte dell’infante Tutankhamon, che famoso per la sua tomba intonsa, solo “in quanto morto” ha conseguito “il diritto di esistere”…

Ma, a pensarci, anche il ben più storico e solido califfo di Bagdad arriva allo stesso punto: “Morendo, ho conseguito la condizione che più mi era congeniale: ho deposto la carne imperfetta, e sono diventato così simile a un fantasma, una figura di magia, che talora comincio a riconoscermi” (Intervista a Harun al-Rashid).

Solo del Non-essere è l’eternità, e quel qualcosa di arioso e musicale che chiamiamo felicità. La letteratura fa di queste magalde: Sindibad è “viaggiatore ubiquitario ed eterno in quanto inesistente”, e per questo il califfo di Bagdad lo invidia: perché “sebbene nemmeno io esista, la nostra inesistenza è inconfrontabile” (ibid.).


 

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