"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5 ottobre 2003

 

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

12.  L'ignoranza


“Secondo ragione, dovrei ritenere d’esser morto; 

e tuttavia non ho memoria…” (Dall’inferno)

 

I morti conoscono pochissimo la morte. 

Come, del resto, i vivi la vita, sulla quale dice quanto si può Dickens nella seconda intervista: “Non crederà che in così poco tempo uno si possa fare delle idee molto chiare, no?”. - Come i vivi, i morti sono figure del nulla, ne sono le provvisorie casuali varianti: un po’ come quelle particelle subatomiche che si fa piroettare per un nanosecondo in un sincrotrone: giusto il tempo d’una foto…

Anche se tendono a non leggere Wittgenstein, i morti però sanno che non è il caso di infiorettare sopra la loro ignoranza della morte: in questo sono dunque molto diversi dai vivi che sulla Vita blaterano dalla mattina alla sera: “Qui il nostro destino terreno cessa, indugia solo come ricordo. Siamo esentati e inutili.” (Harun al-Rashid).

Anche la mitica medium Eusapia Paladino, una che dovrebbe esserne la massima esperta se non altro per consuetudine, si ritrova in una morte laconica: “Lei non sa che situazione imbarazzante sia per una medium essere morta”: “Se lei crede che io sapessi qualcosa dei morti che, a loro dire, mi si accostavano, lei è in errore. Io, furba, come una contadina, anche se una contadina incapace di tenere in mano la propria vita, io ero a contatto con qualcosa che dichiarava di essere un morto… mi capisce?”  (Eusapia Paladino).

Per un solo attimo, infine, nelle Impossibili balena la più impossibile delle domande: “ma se muore la morte, che succede?” (Nostradamus).


 

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