"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5, ottobre 2003

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

 

 

15. Fallit Imago

 


 

Ma uno specchio, uno di quelli che l’architetto ci ha deportato in casa per “dare profondità” al bugigattolo che lui si ostina a chiamare “intimo open space”, ecco, uno specchio, siamo proprio sicuri che una volta lasciato solo soletto in bagno, continuerà a riflettere con immutato zelo l’arredo nostro, fatto di pantofole ammuffite e cortine di asciugamani umidi? O con più probabilità  s’abbandonerà a profonde meditazioni, magari “guardandosi dentro” corrucciato come il Manfred di Byron (tradotto?, tradito?,  Migliorato?, dal Manga), tra un inno di Hoelderlin e Leopardi, sempre e comunque “mi presero gli occhi”? Uno specchio non spiato che fa? Si duole forse d’esser stato abbandonato; vive l’orribile alienazione d’esser una Funzione e non un’Essenza; o magari –finalmente- si riposa, sghignazzando della pinguedine nostra avvilente, dell’alopecia galoppante, della canizie incipiente…         

"Un terzo specchio sta nel bagno, ed ha la superficie di un vetro ingrigito, nebuloso, spettrale, non più che allusivo della figura che vi si contempla; allude alla decadenza del mondo, alla polverosa inconsistenza di ciò che vive, al notturno divorzio dei colori dalla luce, fato eterno e comune di tutto ciò che è vissuto e vive; lo direi uno specchio per fantasmi, ma può essere che i fantasmi non si specchino, per timore di riacquistare una forma e ritornare al logorio dell’esistere" (Improvvisi per macchina da scrivere).

Nel Venti, Bontempelli giocava a scacchi, e spolverava spesso i cartoni dell’affresco che Brodskij in Fondamenta degli Incurabili avrebbe in certo modo dilavato anni dopo, nella languida palude veneziana: noi tutti crediamo sempre poterci specchiare salvo esser poi triturati nell’oblio della visione successiva:  naturalmente immemoriali nel nostro riflesso. E invece, “niente affatto. […] nello spazio invisibile corrispondente a quello specchio rimane la sua immagine." Sua, di chi s’è dannatamente immortalato. Ma, allora, sic stantibus Leonardo aveva capito nulla dei portenti del miracoloso mercurio: “lo specchio si groria forte tenendo dentro a sé specchiata la regina e, partita quella, lo specchio riman vile.” Ma quale vile e vile! Le miroir, oltre a “riflettere”, sa persino ricordare! E serberà memoria centenaria -magari un poco confusa- di tutte le persone che in lui ritrassero la loro deliquescente vanità, dalla Gatta Cenerentola di Basile (primo specchio di grandi proporzioni apparso nelle letterature) alla  streghesca Biancaneve di Disney.   


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