"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4, aprile 2003


                   


 

 

Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart

 

 

12. Il plagio e lo spirito dell'arte

 

 


 

“Un grande artista non cita, ruba” (Picasso).

E infatti Da Ponte e Mozart si tengono stretti al libretto di Giovanni Bertati per il Don Giovanni di Gazzaniga: opera freschissima, andata in scena a Venezia nel gennaio del 1787 (Mozart esordirà a fine ottobre): “libretto al quale quello di Da Ponte si avvicina scena per scena, spesso parola per parola” (A. Lanapoppi, Lorenzo Da Ponte).

Bertati non era certo uno qualunque: sarà, per ricordare giusto il meglio, il felicissimo librettista del Matrimonio segreto di Cimarosa: l’opera più bella del mondo per Stendhal.

Tutti conoscevano la storia di Don Giovanni, il lussurioso che deride l’Aldilà e che viene risucchiato nell’inferno: tema ottimo soprattutto per il “popolazzo” guardone, assetato sempre di sesso superstizioni e medioevo. Il tema sarà stato poco fine per l’intelighentja europea tra Sei e Settecento, ma ebbe da subito una forza animalesca che impressionava chiunque, anche se raffazzonando e senza talento, ci si provasse. Per farci un po’ d’ordine – ma invano –  avevano provato a riscriverlo Tirso da Molina, il primo, e poi perfino Molière e Goldoni.

Ancora nel 1815, Goethe raccontava che quando era a Roma tutti andavano a teatro a vedere la storia del Seduttore Punito: “un’opera Don Giovanni (non quella di Mozart) veniva allora replicata ogni sera per quattro settimane, facendo tale rumore nella città che non c’era famiglia di commercianti che non si fosse recata con armi e bagagli a vedere Don Giovanni arrostire nell’inferno e il governatore andarsene, anima eletta, al cielo”  (GOETHE Epistolario).

Ottimo riassunto.


 

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