"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4, aprile 2003


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

 

 

Per Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart:

 


 

 

 

 

7. Carlo Goldoni

 


 

1736. Goldoni scrive “Don Giovanni Tenorio o sia Il Dissoluto”: terrificante testo e perciò, tra Tirso, Molière, Mozart e tutti gli altri, divertentissimo.

Questa è la variante della storia di Don Giovanni che ha di più la pretesa di raddrizzar le gambe ai cani. A Goldoni (citiamo dalla dedica “A sua Eccellenza il signor Michele Grimani Patrizio Veneto Senatore Amplissimo” e poi dall’avvertenza de “L’autore a chi legge”) non fa di quell’“argomento notissimo”, di quella “Commedia fortunatissima”, quasi niente: “Infatti che mai di peggio poteasi vedere rappresentare, e qual’altra composizione meritava d’esser più di questa negletta?”

Nelle sue non proprio divertentissime Mémoires, la chiamerà “cette pièce diabolique”, il cui argomento però piaceva talmente tanto al popolazzo da assicurare alle compagnie il guadagno di buoni danari! - E infatti non può non riconoscere che “non si è veduto mai sulle scene una continuazione d’applauso popolare per tanti anni ad una scenica rappresentazione, come a questa: lo che faceva gli stessi comici meravigliare, a segno che alcuni di essi o per semplicità o per impostura, solevano dire che un patto tacito col Demonio manteneva il concorso a codesta sciocca commedia.”


Seguono implacabili critiche sulla mancanza di verosimiglianza, più grave tra tutte quella dell’eccessiva “velocità”: troppo velocemente don Giovanni salta da un regno all’altro, troppo velocemente viene scolpita la statua del Commendatore, e poi quel don Giovanni che, come nei film di 007, esce dal mare senza neppure una goccia sul vestito e le scarpine appena lustrate!… 

Ma soprattutto, senza fermarsi troppo su questi dettagli, “che in ogni Scena ha la sua porzione di spropositi”, lo scandalo che fa sganassare il miscredente è proprio la Statua di marmo, vero insulto   a  ogni   buon   senso  e  a  ogni  morigerato 

credere, visto “che parla, che cammina, che va a cena, che a cena invita,  che  minaccia, che  si vendica,  che fa prodigi, e per corona dell’opera, tutti gli ascoltatori passano vivi e sani in compagnia del Protagonista a casa del Diavolo, e mescolando con le risa il terrore, si attristano i più devoti, e se ne beffano i miscredenti”!

Insomma, imbarazzo per il buono che dovrebbe compiacersi della punizione del maledetto, e gran sollazzo per chi avrebbe invece dovuto ricavarne timor di Dio: eppure, ma questo Goldoni non lo sapeva, l’aveva scritta un prete…


Una sfida quasi disperata per il commediografo timorato, il quale sa che forse di buono da cavarci non c’è che la punizione del Dissoluto, unico conforto “al costume e alla moralità”. Per metterla in giusto risalto, occorrono censure drastiche soprattutto al Molière, che, invece di purgarla, aveva pepato la storia “con parole e con massime che non possono a meno di scandalizzare anche gli uomini più scorretti”. 

E così, tagliando e ricucendo, Goldoni cancella la “buffoneria” della Statua parlante e 

fa punire il Dissoluto da un quasi banale fulmine a ciel sereno… prodigio di cui si cura di ricordare la presenza nelle “sacre carte” della Bibbia. 

Via poi le libertinerie del Burlatore e – questo è interessante – via la prosa a favore dell’endecasillabo sciolto, metro illustre e tragico. Ridir la storia in versi così aulici, dopo averla già “da ogni disonestà rigorosamente purgata”,  mette infatti la mordacchia agli attori, che nelle storiacce salaci, come si sa, sguazzano:

 

“…che nella Commedia in prosa possono i recitanti arbitrare, e aggiungere a lor piacere delle sconce parole, lo che dai versi viene loro impedito di poter fare, siccome avendole io levate le maschere per il medesimo fine, spero che avrò ottenuto l’intento mio…” 

 


 

 torna a  

 

torna su