"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4, aprile 2003


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

 

Per Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart

 


 

 

29. Alexandr Puškin (Il "Mozart e Salieri" di)

 

 

 


“Mozart, Mozart.

 non sei degno di te stesso”

“Un uomo nero, nero. Un uomo nero si siede sul mio letto, un Uomo Nero non mi fa dormire tutta la notte…” appare un Uomo Nero in Puškin, l’uomo nero che commissiona a Mozart il  Requiem e poi sfuma;  una figura inquietante che già Ripellino suggeriva di accostare ai macabri sosia di Blok, disperato fidanzato di Lillà, e a Esenin, teppistello di strada col “cervello sconvolto dall’alcool come un boschetto a settembre”.  E, si sa, l’Uomo nero è sempre “un ospite pessimo”.

Se è vero come è vero - Mörike non mente mai - che “Wolf”  “frequentava  da  ballerino   impeccabile   danze  mascherate”   e   amava   

le   feste  popolari  al  punto  da  presentarsi   in abito  da  Pierrot  

durante l’annuale festa di Santa Brigida,  ecco, a  quell’ingenuo  e semplice Mozart-Pierrot non s’addice forse questo Salieri di Puškin, “maschera senza sorriso, demonio sapiente, più nero d’uno scaramuccia”? Non è un caso – allora - che il regista russo Anatolij Vasziljev  abbia più volte scelto di rappresentare l’opera come una vera e propria Partita a Scacchi, il marmo lucidissimo, “veneziano” a far da palcoscenico all’universale dilemma… 

Del resto, quante dicerie si rincorrevano negli autunni di fango e d’esilio del 1830! E quanti potini orrendi venivano sbocconcellati qui e là ai ricevimenti di Alessandro I! mille insinuazioni, elucubrazioni, supposizioni sul rapporto tra Mozart e Salieri; sul Genio e sul Delitto; sull’impotenza eterna cui è condannato l’artigiano delle lettera che la Musa decise di non baciare, e che per questo – dannazione dannazione! - solo può sostituire “agli sprazzi dell’ispirazione l’algebra della ricerca, il preciso disegno, l’analisi”(Ripellino). Quanta credito si dava alla “scienza in stiffelius”! “Anni smammolati”, non c’è dubbio; lunghi “inverni dei nostri rancori”.

 

Alla prima del Don Giovanni, mentre i palchetti si godevano il silenzio incantatore della musica,  un fischio echeggiò nel teatro… ”il famoso Salieri uscì dalla sala infuriato, roso dall’invidia.” 

Puškin amava Mozart, e molto più dopo aver conosciuto Glinka “che ne era un acceso fautore e, nel 1827, in casa del conte Kočubej, a Pietroburgo, aveva addirittura interpretato in abiti femminili e parrucca, nel don Giovanni, la parte di Donna Anna.”(Ripellino); ebbene Puškin, anche lui brillante danzatore, per quanto dalla rendigote senza bottone, e magnifico amateur di impresari, ballerine,  piedini, Puškin sceglie di ammantare l’intera vicenda nello stiffelio nero di un triste presentimento, e verrebbe voglia di cantare “…or qual reo presagio Lo spirito m'assale, Che il rivederti annunzia Quasi un desio fatale, come se fosse l’utima ora del nostro amor…” come Riccardo nel ballo in Maschera verdiano.

 

Quali toni apocalittici si scorgono, dunque, nelle parole di Salieri: “spesso nella quiete della mia stanza senza mangiare per giorni, né dormire, dopo l’estasi e il pianto dell’ispirazione, bruciavo tutto e indifferente guardavo le idee e i suoni da me creati svanire in lieve fumo.”  È lui l’artefice dalle rozze mani! Nessun pentimento quindi, a delitto compiuto, anzi: 

A che serve egli? Come un cherubino, alcun canto celeste ci ha trasmesso, per suscitata in noi  brama senz’ali, Figliuoli della polvere, involarsi! Dunque involati! Quanto prima, meglio.” 


 

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