"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero Numero 4, aprile 2003


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Per Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte e W. A. Mozart:

 

 

26. Frank Wedekind

 


 

 “Quando mi guardo allo specchio, 

vorrei essere un uomo… il marito di me stessa!”

 

Lulu è una Don Giovanna crudelissima, serpente che fa malie agli uomini, “creata per diffondere sventura, per sedurre, adescare, avvelenare, per uccidere senza dar nell'occhio”…una bestia sanguinaria, insaziabile, insaziata… come una sacerdotessa azteca, sacrifica all’altare della Seduzione il cuore esangue dei suoi tanti amanti; un domatore da circo le fa da Leporello, sorta di mitico Rudinoff, zingaro capace di qualunque mestiere, “purché provvisorio e poco rispettabile”.

Indossa luciferine apparenze, Lulu, e si spedisce da sé – “nevrosicamente”­ - nel Furore. 

Oggetto cerimoniale del sabba di se stessa (“noi siamo la moneta vivente, ci aveva detto -ricordi?- quel nostro ospitale maestro slavo ugonotto” sussurra una fanciulla in Mine-Haha), ama  nascondersi sotto i veli dei propri costumi di scena: abiti scollati, guarniti di orchidee odorosissime.  A volte s’avviluppa anche in un tenero visone, e la vediamo così – finalmente- nuda, la pelliccia non essendo altro che confessione di “naturale ferinità”, un po’ come per Venus im Pelz di Sacher Masoch.


 Il circo, i trapezisti, la ginnastica (le barre parallele ossessioneranno anche Pierre Klossowski), ecco qual è il mondo che Wedekind preferisce: “Ogni volta che metto piede sotto quella alta tenda, ariosa e leggera, mi sento percorso da un vero brivido di voluttà. È un qualcosa di sontuoso, di grande, eppure a modo suo di così indicibilmente infantile.”

Frank Wedekind: funesto scuotitore del Vaso di Pandora, dispensatore di rime pubblicitarie per il dado Maggi; Franklin Wedekind se ne “stava lì brutto, brutale, pericoloso, coi suoi corti capelli rossi, le mani nelle tasche dei pantaloni, e uno sentiva, quello nemmeno il diavolo se lo porta via” (Brecht); “tra gli uomini lo interessavano soprattutto queste categorie: lo speculatore, il plagiario, il funambolo, il giocatore, il mercante di donne, il ginnasiale scappato di casa. Fra le donne la puttana, la grisette, l’etera” (Calasso).    Ecco, allora, perché compare Lulu dal suo cilindro clownesco. 

Annoiata, insoddisfatta com’è del mondo, fuma, fuma sigarette su sigarette; di tanto in tanto s’allunga e si torce dinanzi allo specchio: vorrebbe rubargli il riflesso, ma  nessuna tentazione surrealista la seduce… Bestia in gabbia, solo l’arrivo dell’uomo la placa: è l’ora  del pasto quotidiano. Arrota i denti, Lulu, e sorride: lo sventurato è già sottomesso… 

Praz, squisito intagliatore di nefandezze letterarie, nella Carne aveva già notato come Il vaso di Pandora (del resto anche nei Karamazov) inauguri una nuova figura di Cavalier Servente “verranno gli amanti di Lei, lui (il sedotto) si ritirerà nella stanza accanto, lustrerà loro le scarpe, accudirà al samovar, farà il facchino”.  

Eccoli, dunque, questi giustiziati d’amore! Il dottor Schön (dopo aver terminato di scrivere si accascia: “ adesso - viene - il supplizio” dal libretto musicato da Berg ); il pittore Schwarz, (si uccide da sé), entrambi sacrificati senza che nemmeno un ombra di angelo soccorritore offria loro almeno la  palma del martirio. 


 

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