"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 3, marzo 2003


 


 

3. La colonia penale

Una sera, era novembre, a Monaco, in una galleria, in mezzo a quadri grandi e piccoli di urlante gusto espressionista, Kafka lesse “con perfetta indifferenza” Nella colonia penale. Il racconto era ancora inedito. E’ la prima e ultima volta che Kafka presenta un suo lavoro all’estero. Ad ascoltarlo c’erano una cinquantina di persone, e tra queste anche Felice Bauer, venuta apposta da Berlino. Chissà cosa avrà pensato, mentre la gente abbandonava la sala mentre il povero Franz ancora leggeva.

Max Pulver, scrittore, traduttore, grafologo, amico di Wolff l’editore di Kafka, era lì: 

  

“Kafka sedeva su una ribalta del podio per conferenze, all’ombra, scuro di capelli e pallido, figura che non sapeva come evitare il suo imbarazzo per la sua stessa presenza. Così, seduto di traverso sul suo podio, lesse un brano di prosa inedito: Nella colonia penale

Ho dimenticato come parlò. Fin dalle prime parole sembrò che un live odore di sangue si spandesse nell’aria, e mi salì alle labbra un sapore stranamente insipido e vuoto. Anche se la sua voce poteva assumere un tono quasi di scusa, le sue immagini penetravano in me con l’acutezza dio un coltello, aghi di ghiaccio potenti veleni. (…) Anche gli ascoltatori venivano violentemente proiettati verso queste infernali sofferenze, lui stesso giaceva come vittima, sacrificale sul letto di tortura e ogni nuova parola si conficcava, lenta esecuzione capitale, nella sua schiena. 

Un tonfo, confusione in sala, e una donna venne portata fuori priva di sensi. Nel frattempo continuavano le descrizioni. Le sue parole produssero altri due svenimenti.” 

  

(cit. in M. MÜLLER, Franz Kafka).