"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 3, marzo  2003

"Racconti di Kafka - Figure  

Dora Diamant

 


 

 

Dora

L’ultima donna che amò Kafka, l’unica con cui visse: fino alla morte.

Luglio 1923. Kafka, con la sorella Elli e i suoi tre bimbi, va a Müritz, sul Baltico. A pochi metri dalla sua stanza c’era una colonia estiva del Jüdisches Volksheim di Berlino: bambini “sani, allegri, appassionati, con gli occhi azzurri, ebrei orientali salvati dal pericolo berlinese da ebrei occidentali”, e ragazze che si occupavano di loro: “narcisi”, “gigli fra i cardi spinosi”, “occhi di colombe”, “capelli come greggi di capre”…

Tra queste Dora, di diciannove anni, che lavorava nella colonia come cuoca.

Non sappiamo niente delle lettere che Kafka poi le scrisse perché furono sequestrate dalla Gestapo, e così sparirono.

All’inizio, Kafka per lei era un uomo alto e magro che passeggiava assieme alla sorella e i tre nipoti sulla spiaggia. Lo credeva sposato. Il giorno che la colonia organizzò una festa in onore di quel misterioso “dottor Kafka”, Dora era in cucina a preparare della carne. A un certo punto, proprio quello sconosciuto apparve nella stanza e con voce delicata le disse: “che tenere mani, e  devono fare un lavoro così sanguinoso!”


Dopo tre settimane, avevano già deciso di vivere insieme, a Berlino. Sognavano di andare in Palestina e di vivere gestendo un ristorante. Lei cuoca e lui cameriere. Una coppia perfetta: lei in realtà non sapeva cucinare e lui non aveva mai servito a una tavola.

Intanto, a Berlino – ed erano gli anni dell’inflazione surreale del dopoguerra - erano poveri. Da Praga, la sorella Ottla e la madre spedivano pacchi pieni di cibo, soprattutto di burro: e inoltre pantofole calde, marmellate, un panciotto di lana fatto dalla madre…

La volta che andarono fuori a cena, in un ristorane vegetariano, pagarono otto corone: in marchi, mille miliardi.

A differenza di Max Brod, Dora obbedì a Kafka quando le chiese di bruciare dei manoscritti: dei racconti e un lavoro teatrale.

 

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