"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 2, gennaio 2003

"L'Amore" di Stendhal Da Henri Beyle a "Stendhal"

Raccontare la felicità


Correggio, Mercurio, Venere e Cupido

 

Raccontare la felicità, tanto più quella amorosa, è impossibile, e anche un oltraggio.

Dal Diario: 18 ventoso (9 marzo 1805) - “Incantevole giornata. Se la descrivo, ne sciupo il piacere.” – L’idea della necessità di questa reticenza torna nei “Ricordi di egotismo”: “Avevo paura di deflorare i momenti felici che ho incontrato, descrivendoli, anatomizzandoli. Ed è proprio quello che farò, salterò la felicità.”

E in “De l’Amour” : “Una della vita è che la fortuna di vedere la persona amata e di parlarle non lascia ricordi precisi. L’animo è troppo turbato dalle emozioni che prova per poter fare attenzione a ciò che le produce o le accompagna”: come di un sasso caduto nello stagno, non restano che i cerchi che si dilatano da un centro rimasto vuoto.

La felicità è insomma amica del silenzio e se Stendhal ne parla è solo per “pagare il biglietto d’ingresso” (Vita di Henry Brulard).

Proprio il Brulard finisce su una delle sue grandi felicità amorose, l’inizio della relazione con Angela Pietragrua:

 

“A cosa attenermi? Come descrivere la felicità pazzesca?

Il lettore è mai stato innamorato pazzo? Ha mai avuto la fortuna di passare una notte con l’amante ch’egli ha amato soprattutto in vita sua?

Davvero, non posso continuare; l’argomento supera chi deve parlare.

Sento di essere ridicolo o meglio incredibile. La mano non può più scrivere, rimando a domani.

Forse converrebbe saltare a piè pari questi sei mesi. Come rintracciare la felicità eccessiva che ogni cosa mi dava? E’ impossibile per me.”

 

 

torna su

 

 torna a