"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 11, settembre 2005

 


           Marlene Dietrich: parole per la Musa

 

 

5.  Amare MD

 

 

 


“... tu hai ragione infatti: non ci sono amori infelici...”

(E. M. Remarque, Lettera a M.D., 14 dicembre 1938)

 

Vedi come sono i giornalisti: escono finalmente le lettere di Remarque alla Dietrich (Erich Maria Remarque – Marlene Dietrich, Dimmi che mi ami, Archinto, Milano 2002) e cosa leggi nelle recensioni che appaiono un po’ dappertutto? Dappertutto la faccenda di Remarque impotente, che però poteva promettere di essere “una lesbica meravigliosa”, e della gioia incantata della Dietrich di fronte a questa promessa (“Mio Dio che sollievo! Mio Dio, se ho amato quell’uomo!”). –Se si fosse letto tutto il libretto, magari ci si sarebbe sentiti in dovere di aggiungere che si trattava di impotenza psicosomatica, come tale aleatoria e capricciosa, che, a leggere le lettere, fu superata nel tempo ispirato e paziente dell’amore. 

Remarque e Marlene si conobbero a Lido di Venezia. Siamo nel settembre del 1937. Nell’introduzione alle lettere di Werner Fuld, leggi che fu “l’ultima grande storia d’amore del secolo ventesimo, un’illusione grandiosa, zeppa di bugie e d’autoinganno, però illuminata dal fuoco di bengala delle parole di Remarque, che non fu mai tanto scrittore quanto in queste lettere intime alla sua algida amante.”

Forse è persino vero.

 Le lettere vanno dal novembre del 1937 al 1970, dunque ben oltre la fine della relazione (nel 1940) e fino alla morte di Remarque: alla fine sono sempre più diradate e laconiche, ma con un amore dichiarato fino alla fine. Marlene li amori li faceva coesistere nel cuore, che del resto, è grande mentre “è la vita che è piccola” (M. Cvetaeva).


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