"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 11, settembre 2005                                         


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

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20. Eleonora Duse

 

 

 

 


Eleonora Duse,  dignitosa randagia di razza,  si rinforzò fin dalla nascita: a piedi, su un carro di comici, su lenti treni fumosi e piroscafi traballanti. L’attrice  custodì e curò le pièces  che indossava sul palcoscenico; crebbe, diede loro vita forte e passione accesa.  

Difese persino  Il  Fuoco,  romanzo di D’Annunzio  dov’egli  riversò,  in ribollenti pagine,  l’amore tra Stelio  e la Foscarina  vaneggiando imbarazzanti, gelosi segreti d’alcova rimaneggiati con vezzi estetizzanti e vitalismo decadente. Nell’attrice batteva cuore grande e riluceva la sana autorità che innalza e,  pur bruciata nell’intimo, Eleonora difese Il Fuoco  come  sempre aveva protetto l’arte da rapinose mani. Il solo suo lamento si sciolse in una lettera con parole cedute alla carta con l’originale grafia che l’attrice adottava negli epistolari più appassionati, precorrendo tecniche futuriste: 

  ‘Il solo grande – profondo dolore da Monaco in poi – fu uno

solo : eccolo :

-         il segreto

                                donato, alla folla.

                   - Ognuno lo diceva, e

                       lo sapeva,

                        dirai – ma –

                -ah – no! –

                       il segreto era

                            nostro

                                  ora!

                                    c’est fait...’  

(da una lettera di E. Duse a D’Annunzio datata 21 maggio 1900)

 

L’amore e la collaborazione con il famoso scrittore durò tra Sternstunde e spaventose burrasche circa dieci anni. Correva l’anno 1894 quando si conobbero: la Duse aveva trentasei anni e la fama di migliore attrice europea; il trentenne Gabriele era il poeta più famoso e discusso d’Italia e pensò di tentare la via della produzione teatrale nella sua volubilità endogena e istrionico estro.

L’incontro fu fatale, complice la città  dove la Duse,  affacciandosi  sul Canal Grande, non lontano dalla Chiesa della Salute, vedeva tetti, cupole, campanili, altane e sul retro il Canale della Giudecca e l’immensa laguna. Poi furono Firenze, Roma, Albano Laziale, Assisi ma soprattutto Settignano alla “Capponcina”, l’impreziosita  dimora.

Per D’Annunzio Eleonora diede vita (e finanziò senza risparmio) Sogno di una notte di primavera, La Gioconda, La Gloria,  Francesca da Rimini.

La città morta nacque nel 1896 dalle affettuose insistenze dell’attrice ma il Vate, ingolosito da  una prima parigina, aveva già promesso l’opera a Sarah Bernhardt che  la rappresentò, in prima mondiale, nel gennaio del 1898.  La Duse continuava a serbare un dignitoso silenzio e voleva in cuor suo contribuire al successo dello scrittore che amava. Quando il 2 marzo 1904  Mila di Codra della Figlia di Jorio fu interpretata da Irma Gramatica al Lirico di Milano, la Duse, chiusa in una camera dell’Hotel Bristol a Roma, scriveva all’infedele :

                      ‘ Ecco – son quasi le due di notte -

                       La vittoria è per te!-

                       L’ansietà cessa – l’animo mi ritorna – Hai vinto!  e benedico

                       che per me nulla perdesti’.

Quando l’attrice gli comunicò la decisione di non recitare più i suoi drammi, egli le inviò una lettera che pare quasi un’apologia delle sue azioni:

Il   bisogno  imperioso della  vita  violenta,  della vita carnale,   del piacere,  del pericolo fisico, dell’allegrezza  mi ha tratto lontano.

E tu – che talvolta  ti   sei commossa   sino alle lacrime dinanzi a un mio movimento istintivo come ti commuovi dinanzi alla fame di un animale... tu puoi farmi onta di questo mio bisogno?

La Duse rispose con parole di grande umanità ma il sogno era svanito ed insieme ad esso l’idea di un grande teatro sulle rive del lago di Albano. Per più di dieci anni non si sarebbero scritti. Durante la grande guerra avrebbero ripreso il loro carteggio.

Morì prima lei durante l’ultimo vagabondaggio negli Stati Uniti,  la notte del lunedì di Pasqua del 1924, le ultime parole in scena furono ‘...sola, sola’, le ultime nella vita, allo “Shenley Hotel” di Pittsburgh : ‘Bisogna muoversi! Dobbiamo partire!  Agire, agire!’.


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