"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 11, settembre 2005                                         


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Marlene Dietrich: i nomi per la Musa

 


 

 

17. Barthes e Greta Garbo

 

 

 

 


 

“La Garbo appartiene ancora a quel momento del cinema in cui la sola cattura del viso umano provocava nelle folle il massimo turbamento, in cui ci si perdeva letteralmente in un’immagine umana come in un filtro, in cui il viso costituiva una specie di stato assoluto della carne che non si poteva raggiungere né abbandonare. Alcuni anni prima, il viso di Rodolfo Valentino provocava dei suicidi; quello della Garbo partecipa ancora del medesimo regno di amore cortese in cui la carne sviluppa mistici sentimenti di perdizione.

 

(...)

 

 Il suo appellativo di Divina mirava indubbiamente a rendere, più che uno stato superlativo della bellezza, l’essenza della sua persona corporea, scesa da un cielo dove le cose sono formate e finite nella massima chiarezza. Lei stessa lo sapeva: quante attrici hanno accettato di lasciar vedere alla folla l’inquietante maturare della loro bellezza. Lei no: bisognava che l’essenza non si degradasse, che il suo viso non venisse mai ad avere una realtà diversa da quella della sua perfezione intellettuale più ancora che plastica. L’Essenza si è a poco a poco oscurata, progressivamente velata di occhiali, di grandi cappelli e di esilii; ma non si è mai alterata.

 

(...)

 

Il viso della Garbo rappresenta quel momento fragile in cui il cinema sta per estrarre una bellezza esistenziale da una bellezza essenziale, l’archetipo sta per inflettersi verso il fascino dei visi corruttibili, la chiarezza delle essenze carnali sta per far posto a una lirica della donna.

Come moneto di transizione, il viso della Garbo concilia due età iconografiche, assicura il passaggio dallo spavento al fascino. Oggi, è noto, siamo all’altro polo di questa evoluzione: il viso di Audrey Hepburn, per esempio, è individualizzato non solo dalla sua tematica particolare (donna-bambina, donna-gatta) ma anche dalla sua persona, da una specificazione quasi unica del viso, che non ha più nulla di essenziale ma è costituito da una complessità infinita delle funzioni morfologiche. Come linguaggio, la singolarità della Garbo era di ordine concettuale, quella di Audrey Hepburn è di ordine sostanziale. Il viso della Garbo è idea, quello della Hepburn è Evento.” 

 

(R. Barthes, Miti d'oggi, Einuadi 1974).

 


 

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