"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 11, settemre 2005                    

 

             Marlene Dietrich: i nomi per la Musa

 


 

 

12. Travis Banton

 

 

 


 

“Arte anonima” scrive Calasso del cinema (R. Calasso, La follia che viene dalle Ninfe), ma qualche nome essenziale, non necessario all’opera che non ne richiede nessuno, ma a chi vuol saperne un po’ si può sempre fare.  - Marlene è disegnata da due occhi essenziali: la luce di von Sternberg e i costumi di Travis Banton, geniale capo costumista della Paramount: “Furono loro a creare la mia immagine cinematografica; mi bastò scivolarvi dentro, d quella bambina viziata che ero” (M. Dietrich, Marlene D.).

Tutti i vestiti di Marlene nei film Paramount sono di Banton. Come von Sternberg è un maniaco dei dettagli. Tra tante meraviglie, da ricordare i mille metri di piume di gallo in mille sfumature di nero per l’entrata in scena – stupefacente - di Marlene in Shanghai Express (1932), subito icona dell’Hollywood Camp; e la famosa tunica di broccato con basca ondulata, che influenzò Schiaparelli, e anticipò il New Look in Angelo di Lubitsch (1937).

Di Banton è anche il gorilla da cui esce la Diva per cantare Hot Voodoo in Venere Bionda.

Mentre Adrian alla Metro Goldwin Mayer vestiva Joan Crawford, Jean Harlow, e soprattutto Greta Garbo, Banton oltre la Dietrich, vestiva à la burlesque Mae West, rendeva definitivamente impeccabile Carole Lombard, chic e parigina Claudette Colbert, quando non audacemente sexy, con il nude-look, mai prima pensato, per la Cleopatra del 1934.

“Nel periodo del bianco e nero, si cercava a volte di andare sul sicuro provando le stoffe davanti alla macchina da presa prima ancora di confezionare i costumi, perché il colore aveva, malgrado tutto, un’importanza decisiva. Le tinte pastello sostituivano i bianchi mente con il color tè si poteva dare l’impressione di bianco vivo.

Il nero (e il velluto nero in particolare) era rigorosamente vietato. Josef von Sterberg dovette fare appello a tutta la sua abilità per fotografare gli abiti neri che io volevo assolutamente indossare” (M. Dietrich, Marlene D.).

 


 

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