"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 11, settembre  2005 

 


Marlene Dietrich: parole per la Musa

 

4.  La Storia

 

 

 


“Esiste una specie di legione

straniera di noi donne.”

(Marocco, 1930)

 

Tra l’amore e la patria, nessun dubbio (vedi Disonorata, 1931). In anni poi in cui il nazionalismo è la religione d’Europa, e perfino delle sue chiese, Marlene che si sacrifica per salvare il nemico amato, è abietta cento volte più di quanto prometta il titolo.

 *°* 

{[(Chissà davvero cos’è la Storia, vista da lei, da quel suo scorrere sempre via come una luce diafana e assorta, sempre un passo più in là di tutto: il campo di battaglia e il parco giochi dei maschi, questi instabili?

 

I maschi: sempre compresi nel loro ruolo, stanno sepolti sotto titoli e medaglie, e dentro divise, doveri e morali come se fossero armature che li tengono dritti da dentro: “Io sono qui per i miei scolari!” urla il professor Spazzatura dell’Angelo azzurro (Der Blaue Engel, 1930), per ridarsi un contegno dopo l’incanto di Lola…

In Shangai express, 1932, un prete si presenta in questo modo: “Sono un dottore in teologia al servizio dell’umanità!” - Questi inguaribili amanti dell’astratto per il concreto, di fronte a una donna, o la negano o si perdono.

Anche nell’Imperatrice Caterina (The Scarlet Empress, 1934), dove Marlene interpreta una delle donne più capaci di fare sua la virilità del potere, senti frasi molto poco storiche, di cui un maschio mai sarebbe capace (“Imperatrice! …se non ho nemmeno il potere di far sparire una ruga?”)… Il film è un trionfo quasi delirante di un matriarcato lussurioso, mentre l’erede al trono Pietro III è un idiota impotente e sadico che decapita soldatini (l’attore, Sam Jaffe, che del film è anche produttore, lo ritrovi sedici anni dopo indimenticabile nella parte di “Doc” Erwin Riedenschneider in Giungla d’Asfalto di John Huston).

Con Caterina II siamo solo in apparenza agli antipodi della disonorata che si ritrova nella Grande Guerra nel modo più impolitico possibile. Sia dal fondo della sventura  che dall'alto di un potere imperiale, la storia è demenza, e questo senza perdersi in macbethiani orrori metafisici. Maledizioni che non sono che i blablà di uno sconfitto: è infatti mai stato diverso di così?

 *°* 

Per la povera vedova di Disonorata come per la futura protettrice di Diderot, la questione non è se la danza scabra della politica abbia un qualche senso, ma se sia possibile adeguarcisi con un qualche - fosse anche solo romantico - vantaggio. - L’Imperatrice Caterina è il romanzo d’educazione di una ragazza scelta per diventare prolifica regina di maschi: figli sani che rimpiazzino i residui esangui e ormai dementi della stirpe degli zar. Marlene-Caterina finisce però col prendere gusto alla corte, e a persuadersi che la gioia non è l’amore ma il potere. 

Del resto non c’è contrasto, perché l’amore sensuale ama il potere, e non solo per le donne agisce da afrodisiaco potente. Così, del tutto coerentemente pornografica è la sequenza in cui la vedi, zarina di fresco,  passare in rassegna i prestanti ufficiali della guardia con lo sguardo goloso e allegro di chi già pregusta.

A un certo punto, di lei si dice: “Una di quelle donne eccezionali che creano per sé leggi speciali”, che è pari pari il peccato che Dante attribuisce a Semiramide lussuriosa nel Quinto canto dell’Inferno (“che libito fé licito in sua legge”…).

Guarda caso, questo delirio di von Sternberg è il solo dove davvero Marlene sia una belle dame sans merci (J. Keats): qui fa una giovane Caterina che impara a stare in una reggia barbara e barocca, dalla smaccata grandiosità di cartapesta, come Alice impara ad abitare il Paese delle meraviglie: tutto è assurdo e tutto è indiscutibile. E tutti sappiamo che, se capisci questo, il mondo è tuo.

Il film fu uno dei tanti fallimenti commerciali della coppia Sternberg-Dietrich. Ma è un altro capolavoro, e influenzerà l’Einsenstein di Ivan il terribile.

 


 torna a  

 

           torna su