"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 10, maggio 2005

         Sophonysba Poliakoff

       Johan Sebastian Bachovic

               Ovvero: Dmitrij Shostakovich e il culto della Forma al tempo delle purghe


Lo so! Deluderò più di sempre le care signorine. Proprio pochi fronzoli, infatti, questa volta dalla vecchia Madame Sophonysba!… - Perché la musica più amata, in questo momento in cui tutto stranamente pare avere senso, è la raccolta dei 24 Preludi e Fughe per pianoforte solo di Dmitrij Shostakovich (1906 - 1975), dalla maestrina vostra sempre struggentemente amato.

 

Ora, e chissà per quanto, la musica è un uomo solo che suona in una stanza spoglia: doghe di legno per pavimento, pareti spoglie e bianche, e quasi solo il pianoforte nella stanza

 


A parte il pianista non c’è nessuno, né nessuno è più necessario. La musica è composta e suonata proprio per la stanza, pensierosa e assorta. - Disarmata, profonda, la musica non vuole  persuadere nessuno. Benché stia nascendo da un dialogo estremamente fitto – una resa dei conti? - con Bach, benché cerchi di rispondere proprio a lui, non cerca neppure di essere artistica: perché qui, nella stanza vuota, non c’è nessuno che sappia cosa più sia uno stile, o un’invenzione, o che differenza ci sia tra l’originalità e la maniera; né crede che davvero tutto questo conti.


Non c’è nessun progresso da fare, né per sé, né per il socialismo, né per lincauta umanità:  in nessuna direzione c’è dove andare, ma c’è la stanza e qui, per ora almeno, si può ancora stare.  - La luce pallida e buona pare dire di sì a tutti i possibili pensieri, e non cercando nulla si ripensa ancora al Clavicembalo Ben Temperato di Bach.

 

Dopo tutte le catastrofi, l’uomo del piano, superstite (come tutti i superstiti)  incomprensibilmente, forse parlotta appena con fili di fantasmi: se presenti, appena silenziosi e in ascolto nella stanza: sguardi intenti, fiati calmi in attesa del primo accordo, nessun feticcio vivo…

 


Una musica per sé solo, e quindi per nessuno - giusto un po per quella giovane pianista che lo abbagliò a un concorso (a Leipzig, l’anno prima) proprio per pianisti bachiani…  - Ciò liberò una riserva antica, di pensieri e d’amore… conoscendo il Clavicembalo Ben Temperato quasi dall’infanzia, ora finalmente veniva a ripensarne la forma come una Musa, come un congegno suscettibile di generarne di nuovi, altrettanto complessi e compiuti: inevitabile conseguenza, si sarebbero dipanati e intrecciati suoni incomprensibili a un mondo che non chiede mai i frutti di ardue ermetiche cure formali, ma di scivolare al più presto nel messaggio chiaro e netto, nella pedagogia, nella retorica prevista: in breve, insomma, nella cara impudìca facilità…


Musica difficile proprio perché senza armi se non interiori, senza pirotecnìe da talenti ancora impazienti… un po’ come il Brahms degli estremi intermezzi: i preludi e le fughe nasconoformando un unicum (come in Bach, per tutte le tonalità  maggiori e minori) in sé raccolto e compiuto; ma poi ogni pianista faccia ciò che  vuole, e ne prenda ciò che vuole: nemmeno il grande Richter, infatti, li suonerà mai tutti.

E, fino al profondo Ashkenazy, nessuno fu all’altezza di una buona integrale.


 

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