"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 10, maggio 2005                                        


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Degas Danza Disegno di Paul Valéry

 

 

9. Ruskin su Turner

 


A Ruskin la domanda affiorò forse quando, giovanissimo,  lasciò che lo sguardo gli si sperdesse dal canale della Giudecca alla città d’acqua : ‘Chissà se la vera Venezia e’ quella che dal mare si alza verso il cielo o piuttosto quella che, riflessa nel moto lento della laguna, affonda in mare in una luce di perla?’  Questa visione che solo un pittore o un musicista, rigorosi ‘jongleurs’ di colore o di nota, saprebbero salvare s’impresse nell’emotività fragile del critico e quando la rivide nei quadri di Turner, pittore-viaggiatore che amò più di ogni altro, subito  riconobbe e  non seppe resistere all’ingenua sicumera  (in parte imputabile ad atteggiamento matercalvinistadocet) di difenderlo strenuamente. 

Il paradosso fu che il giovanissimo sconosciuto Ruskin scrisse un saggio in difesa di Turner, pittore di nota fama e di non declinante fortuna, per quanto in momentanea disgrazia con parte della critica, ultrasessantenne, accademico e docente da oltre trent’anni.  Lo stesso Turner accolse l’arringa in suo favore con indifferenza e cautela.

Mi concentro sul saggista inglese, sfoglio alcune pagine dei  Modern Painters e scopro che la sua non fu un’infatuazione adolescenziale per Turner ma un vero e proprio atto di dedizione verso l’artista che sarà il fulcro di tutta la sua teoria estetica. E  l’occhio mio, grazie al  suo, si svende sugli svapori delicati dell’ultimo Turner che con color di passione or pallida, ora accesa, annaspa e sborda sul precipizio dell’astrattismo per poi dileguarsi ai limiti dell’informale. Le molecole gialle, azzurre, rosse si fissano in reazioni luminose attorno ad opalescenti verità inquiete, senza nemmeno più un titolo simbolico come  erano  stati Deluge o Angel of the Apocalypse

Le tele dell’ultim’ora vivono d’evocazione infinita; gli unici titoli  sono onde,  vapori, albe per  un metereologo dell’arte tra spirali di nebbie immateriali e confuse in acque e cieli  sfumati senza abbandonare “il tranquillo e radicale amore per il mondo, nel paziente e penetrante accostamento al reale”.  

Ruskin capì, pur nella contraddizione d’amore sia per la minuziosità lineare dei pre-raffaelliti, sia per i vapori ambientali di Turner, che per il  pittore prediletto i colori erano azioni e passioni e sostenne che “il sublime più alto non può esistere senza l’enigmatico, cercando di proteggere l’artista dalle critiche più aspre, presentendo la grande lezione turneriana ai futuri movimenti che, inconsapevoli, non stavano neppur ancora balbettando. Quest’assolo intuitivo fa sì che perdoniamo a Ruskin certi tratti moralistici ch’egli addensava nella pagina forse per lenire l’urgenza di una coscienza puritanissima. 


 

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