"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 10, maggio 2005                                         


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Degas Danza Disegno di Paul Valéry

 


 

 

20. Gadamer

 

 

 

 


 

“...in ascolto dell'opinione del testo, fino al punto che questa si faccia intendere 

in modo inequivocabile e ogni comprensione solo presunta venga eliminata

(H. G. GADAMER, Verità e metodo)

 

 

Ah, l’“insostenibile nichilismo ermeneutico” di Paul Valéry! Così leggi in Verità e metodo di H. G. Gadamer, librone ecumenico e sistematico, conciliante bibbia dell’ermeneutica tutta tesa a “urbanizzare” (Habermas) ardui vortici  e aspri vertici heideggeriani. Ecco: lì nessuno subisce stroncatura – sta in un paio di righe! – paragonabile a quella di Valéry l’inafferrabile!

 

Il punto potrebbe perfino apparire démodé: Gadamer infatti crede al “genio” come al solo creatore plausibile dell’arte, almeno lì dove ci troviamo a contemplare opere più perfette e inappellabili d’una sentenza di Cassazione. – Valéry invece trova che il concetto di “genio” sia una superstizione che può sembrare persuasiva “non a chi produce ma a chi giudica”: “là dove l’osservatore e l’interprete vanno alla ricerca di un mistero più profondo [gli artisti invece] gli artisti invece scorgono possibilità operative e problemi tecnici” (G. H. Gadamer, Verità e metodo; e anche Attualità del bello).

 

 Ecco: pur nel fatale ‘crepuscolo del Genio’ che contraddistinguerebbe l’arte dell’ultima era, Valéry sarebbe colpevole per eccesso di abdicazione rispetto alla sacrale veggenza dell’arivtista ottocentesco. Altro che la nostalgica perdita dell’aura di Baudelaire… qui di certe corone d’alloro si rimandano subito al mittente come i kit di Wanna Marchi: “a volte mi sono definito versificatore, giacché questa parola è chiara mentre poeta non lo è” (Quaderni, vol. I).

 

Così, se per Gadamer resta invece chiaro che non si può “intendere la differenza tra il prodotto artigianale  e la creazione artistica se si prescinde dal concetto di genio” (Attualità del bello), per Valéry è almeno altrettanto evidente che, dal punto di vista di Leonardo, la Giocanda è prima di qualunque altra cosa un problema di buono/cattivo artigianato, rispetto al quale ogni possibile sublime è oltre la realtà sperimentabile come per un buddista il Nirvana fuori del circolo delle reincarnazioni.

 

 Il genio, evidentemente, è geniale. La tautologia gli si confà a pennello, come in fondo a tutto quanto possa apparirci essenziale: dio, lo zero, la morte, l’amore, il fato, l’idiozia… - Vien voglia allora sospendere la diàtriba su una frase di Baudelaire (un genio?), che nei Diari intimi giura che un lungo intenso lavoro potrà solo dare ottimi frutti.


torna su

 torna a